=4 cj < GIUTa Da Vr 4 lo aV@ Abr piem b.1899 A "R'WeGibson- lavi er RS TIZI i ‘ ha to UBALDO RICCA Aiuto e Libero Docente di Botanica all’ Università di Genova MOVIMENTI D'IRRITAZIONE DELLE PIANTE UNO STUDIO D'INSIEME E TRATTAZIONE DI QUESTIONI SPECIALI Ao RAID 1 \ . ULRICO HOEPLI LIBRAIO EDITORE DELLA REAL CASA MILANO 1910. DoTT. UBALDO RICCA Aiuto e Libero Docente di Botanica all’ Università di Genova MOVIMENTI D'TRRITAZIONE DELLE PIANTE UNO STUDIO D'INSIEME E TRATTAZIONE DI QUESTIONI SPECIALI ULRICO HOEPLI LIBRAIO EDITORE DELLA REAL CASA MILANO 1910. (I° ADI? “e VR, LICIIRTE, dl Sea pp ali ay Va fn N PACI A MRLEII 161 ca de DIL LIBRARY NEW YORK BOTANICAL PREFAZIONE GARDEN. Lo studio dei movimenti d'’irritazione dei vegetali ha assunto un immenso sviluppo in questi ultimi tempi, specialmente in seguito all’ im- pulso datovi dal Pfeffer, e i risultati a cui si giunse son tali da richia- mare il maggior interessamento, non nei soli Fisiologi delle piante, ma nei Fisiologi e nei Biologi in generale, senza contar che 1’ operare delle piante, assai semplice, sotto l’azione di stimoli, offrirebbe forse al Psico- logo un punto di partenza molto appropriato per esplorazioni in altre regioni. Tratto ad essi, e raccolto per mia preparazione un ricchissimo mate- riale di dati, ho pensato che potrebbe intanto riuscir utile uno studio loro d'insieme, accompagnato dallo svolgimento dei punti più notevoli toccati, specialmente per quanto venne ancora lumeggiandosi dopo la pub- blicazione della grande opera classica del Pfeffer, la P/ancenphysiologie (2.8 ediz., 1904), e che non trovasi, almeno con estesa trattazione, nelle utilissime Vorlesungen iber PAancenphysiologie di Jost (2 ediz., 1908). A questi svolgimenti ho dato la forma di note, seguenti la parte gene- rale, e rese reperibili con ogni facilità dall’ indicazione della pagina (*). Come si vedrà, nello Studio d’ insieme ebbi l’ oechio anche sul mondo animale, e cercai di mettere in evidenza questioni come quelle dell’ in- duzione di fenomeni motori d’ intensità diversa in punti varî d’organi, (*) Lo Studio d’insieme venne già pubblicato in Malpighia verso la fine dell’anno scorso (vol. XXII), ed ora ha subito notevoli modificazioni. Così pure nella Malpighia trovasi un saggio degli Svolgimenti. Ho tenuto conto per questo lavoro degli studi pubblicati fino alla metà del 1908. PSR SS della reazione (identica) di una data parte a svariati stimoli (do sepa- ratamente una rassegna degli stimoli in grado di essere attivi sugli organi nastici oltre quelli che operano in natura), del neutralizzarsi due stimo- lazioni tropistiche simili agenti in contrari sensi (che si è portati a rite- nere abbia luogo già nello stadio d’ eccitazione), ecc. Ho riunito a parte i dati che possediamo intorno alla legge di Weber nel regno vegetale (con considerazioni originali sul geotropismo, sulle termonastie dei cirri, sulla legge di Fechner, ecc.); così pure si troverà una trattazione della narcosi in riguardo ai moti d’ irritazione delle piante. Uno studio speciale assai esteso è dedicato alle cause determinanti l'orientamento degli organi plagiogeotropici assili, che procurai di esaminare tutti quanti sotto lo stesso punto di vista; mi parve anche qui meritevole di larga discus- sione il problema del trasmettersi d’ impulso motore nella Mimosa e nei viticchi in seguito a traumi profondi, che si offrirebbe come semplice feno- meno fisico, unendovi i pochi dati che possediamo intorno alla propaga- zione di un impulso motore veramente fisiologico (vitale) in nastie; e mi occupai diffusamente del chimotropismo, intorno al quale molto si spe- rimentò in questi ultimi anui. ratto dei processi motori, fra i quali anche quelli delle nictinastie consistenti in variazioni del turgore furono sottoposti ad esame particolareggiato; e indico ricerche mie inedite sui viticchi delle Sapindacee e di altro tipo. Sieno menzionate la nota dedi- cata al riconoscimento dell’ equivalenza di variazioni proporzionali dei due elementi, intensità dello stimolo e sua durata, nell’ eliotropismo e nel geotropismo; considerazioni sulla stimolazione geotropica negli organi ortotropi ad angoli varî dalla verticale, sulla teoria statolitica, ecc. Non furono dimenticate neppure le tassie. E colgo l'occasione per ringraziare vivamente il chiarissimo Prof. 0. Penzig, Direttore dell’ Istituto Botanico Universitario, che mise a mia disposizione anche la sua ricchissima biblioteca privata. Genova, Novembre 1909. U. Ricca. STUDIO D’INSIEME I fenomeni della vita non possono compiersi e coordinarsi armonica- mente senza speciali azioni, determinanti (stimoli), esterne od interne (le quali ultime scaturiscono da altri), che non provvedono affatto all’ orga- nismo ì mezzi energetici e materiali occorrenti alla loro realizzazione. Ed è noto che questa caratteristica, onde in vero tutte quante le atti- vità vitali devono riguardarsi come processi d’irritazione (reazioni), ap- pare comprensibile al nostro intelletto perchè si offre un confronto con quanto ha luogo in ordigni costruiti dall’ucmo, che, pronti a funzio- nare, vengono resi operosi solo da certe lievi azioni, come sarebbe nelle locomotive con girare una manovella. Il lavoro di meccanesimi, a somi- glianza di quanto avviene per le reazioni delle strutture viventi immen- samente fini e complesse, si deve all’ energia di cui dispongono; e le operazioni accennate non hanno altro effetto che di porli in una parti- colare condizione, la quale ne permette il funzionamento (p. 32). Processi d'irritazione assai importanti si danno in tutto il mondo orga- nico sotto forma di movimenti. Il concetto comune che la motilità è propria degli animali e non delle piante, esprime il fatto che in quelli general- mente il movimento è rapido e corrisponde in certo modo allo stato abi- tuale, il che non ha luogo nei vegetali (superiori), ma nulla più. Anche questi ne compiono; solo nelle piante fisse al substrato non pos- siamo avere naturalmente spostamento di tutta la massa del corpo, e consistono solo in curve (o torsioni; p. 11, 32). Inoltre se nei vegetali riescono per lo più assai lenti e non vengono nella maggior parte dei casi ripetuti con frequenza da uno stesso organo, si può però af- ttt MES fermare che nemmeno per essi la vita sarebbe possibile senza la capa- cità a movimenti. E si noti, non abbiamo in mente quelli dovuti solo a cause fisiche, come l’ aprirsi delle antere, degli sporangi delle Felci, di numerosi frutti, ece., nei quali non entra in giuoco il plasma, che pure hanno la loro importanza; nè d’ altra parte le correnti plasmatiche intracellulari. Come potrebbe vivere una pianta, svolgentesi dal seme per esempio colla radice all'insù e il fusticino entro terra? il che avver- rebbe infinite volte, senza la capacità di rispondere a un particolare sti- molo della gravità con curvature, in modo da essere condotta alla posizione normale. E parti epigee è d’uopo assumano pure una certa orientazione di fronte alla luce: le foglie della gran maggioranza delle Dicotiledoni devono riceverla ben di fronte alla lamina, affine di compiere nelle condizioni migliori 1’ assimilazione, e per raggiungere l'attitudine voluta sono obbligate assai spesso a curvature e torsioni sotto lo stimolo di questo agente. Le radici si inflettono verso i punti ove è maggiore l’ umidità, ece.; i vitiechi di cui son dotati molti vege- tali rampicanti, venendo a toccare rametti di altre piante, subiscono dal detto contatto (p. 114) una irritazione, e li avvolgono ineurvandosi, per modo che la pianta, con questi organi di fissazione può giungere in alto, bene esposta alla luce, il che altrimenti sarebbe impossibile, dato l’ esile caule; e gli esempi si potrebbero moltiplicare. Non man- cano nemmeno assolutamente alle piante superiori moti rapidi da po- tersi paragonare a quelli degli animali, come i noti movimenti della Mimosa, dei filamenti staminali di Berberis e di altre piante, della celebre Dionaea catturante insetti, le inflessioni di certi vitiechi (Cyclan- thera, Sycios, Passiflora gracilis, ecc.) che si seguono benissimo ad occhio nudo. Inoltre zoospore, spermatozoidi, un gran numero di vege- tali inferiori microscopici, son dotati di locomozione come gli animali, assai rapida, tenuto conto delle dimensioni minime del corpo, e sono in grado di modificarla sotto lo stimolo di agenti chimici o fisici. E possono riuscire attive stimolazioni assai deboli. Nei eirri di Sicyos angulatus si ottenne il movimento con una piccola ansa di filo di cotone applicata sull’ organo del peso di mg 0,00025 (p. 32), e nei tentacoli del- l’ insettivora Drosera ponendo sulla capocchia un pezzettino di capello SPIRE umano lungo '/. di mm e di peso inferiore a ‘/no di mg (p. 33); i quali stimoli passerebbero inavvertiti anche nelle parti più sensibili della cute umana. Sulle stesse capocchie nelle foglie più irritabili agirebbe come stimolo il fosfato ammoniacale alla diluizione di */s.000.000 (P- 33). Le foglie perigoniali di Crocus, che, come è noto, si aprono e si chiu- dono col variare della temperatura, cominciano già a reagire per un au- mento di !/, grado C. (p. 33); certe piantine possono essere sensibili a stimoli luminosi inferiori a */,g.000 di candela (p. 33). Il peculiare sti- molo della gravità a cui si è già accennato, si esplica con azioni che, ad ogni modo, tenendo conto di certe condizioni cellulari, appariscono de- boli (p. 140), e con esperienze a mezzo della forza centrifuga, la quale agisce come la gravità, sarebbe stato constatato in radichette che è in grado di riuscire attiva, sia pure in piccola misura, ridotta a */,000 del valore di quest’ ultima (p. 33; si veda anche a p. 166). Sensibilità a stimoli chimici assai fine troviamo in spermatozoidi, Bacteri, ecc., accen- nanti già a raccogliersi in molti casi entro tubetto capillare che contiene la sostanza attiva (per gli elementi maschili dei Pteridofiti un malato, e / loco Introdotto per specie di Bacteri ad esempio estratto di carne) all’ 1° per un estremo nella goccia ove sono diffusi (p. 174, 176, 178, 179); © sia ricordato che, secondo Shibata, lieve azione ripulsiva risentono sper- matozoidi di Isoétes di fronte a nitrato d’argento nel detto capillare, alla diluizione del 0,2 °/;ooc0 (P- 182). La soglia d’ eccitazione, come chia- mano i fisiologi il valore minimo dello stimolo capace di provocarla, può quindi, come negli animali, assumere valori estremamente piccoli. E le piante in generale ci si offrono come dotate di un grado di irritabilità notevolissimo; la lentezza con cui si compie la gran maggioranza dei loro movimenti in un col discreto tempo d’ azione dello stimolo che sì ri- chiede affinchè abbiano luogo (p. 34; considerevolmente più tardi questo trascorso; si veda però a p. 77), ron escludono affatto una squisita attitudine nelle strutture irritabili a ripercuotere variazioni nel mondo esterno. Si è portati ad ammettere che durate minime d'esposizione allo stimolo della gravità, della luce, cioè alle stimolazioni che agiscono più di frequente sulle piante, di gran lunga inferiori a 1”, non riescono senza effetto sulle dette strutture, quantunque se singole non in grado dre di condurre l'organo a una curvatura, dal momiento che ripetute ad intermittenza possono aggiungersi efficacemente le une alle altre, e ne risulta l’ inflessione (p. 34). Quanto sopra è dovuto in parte ai limitati mezzi motori di cui dispone la pianta, ed ha l’effetto d’'impedire un inutile spreco di attività: che si richieda negli organi una durata di spostamento notevole dalla posizione normale per essere posti in grado di reagire allo stimolo della gravità, si comprende, giacchè in caso contrario le fugaci deviazioni che possono darsi in natura condurrebbero a curvature d’ irri- tazione. Come negli animali, in generale col crescere l'intensità dello stimolo aumentano le azioni provocate, fino ad un certo limite, ma non nella stessa ragione di esso; e in un buon numero di casi si è riconosciuta la nota rela- zione di Weber: data una intensità dell'agente stimolante, affinchè si ma- nifesti l’effetto di un incremento, questo deve stare in un rapporto costante col primo valore (p. 37). Nella Mimosa, ed è possibile in altri casì di irritabilità ad urti, in condizioni favorevoli, se uno stimolo meccanico per quanto debole è attivo, provoca sempre l’ ampiezza maximale del movimento, il che, è noto, trova riscontro nella musculatura del cuore. Come era da aspettarsi, anche la durata della stimolazione ha effetti sulla grandezza della reazione nello stesso senso dell’ intensità dello stimolo; e anzi in alcuni casì si riscontrò che si equivalgono aumenti proporzionali dei due elementi, come avviene a proposito della luce sul- l'occhio umano (esperienze di stimolazione intermittente a periodi assai brevi), e del resto anche in riguardo alla sua azione fotochimica (p. 45). Sia accennato che in certi moti d’orientazione l'agente stimolante non sarebbe in grado di provocar subito l’eccitamento motore (o solo in maniera imperfetta), come risulta da recenti studi di E. Pringsheim sulla stimolazione della luce. Se l'organo rimase allo scuro o esposto a illuminazione (non unilaterale) d’intensità differente, è necessario in generale che, a somiglianza di quanto ha luogo per la percezione da parte del nostro occhio, si stabilisca prima una specie di adattamento delle strutture irritabili alle nuove condizioni di chiarezza (p. 49). Naturalmente mancano nelle piante gli organi complicati di recezione di stimoli necessari agli animali; per la pianta non è utile reagire in dA qualche modo se non a mutamenti di natura molto semplice nel pro- prio ambiente, a variazioni molto semplici nelle relazioni fra il mondo esterno e la posizione degli organi. Anzi in quanto a strutture diffe- renziate istologicamente in rapporto colla recezione, poco ci risulta; » pare ne esistano in vero tendenti a facilitare l’azione di stimoli meccanici, come sarebbe il caso pei prolungamenti plasmatici addentrantisi nello spessore della parete esterna epidermica in certi cirri, ecc. (p. 49). E dato il piecolo numero di movimenti che i diversi organi son chiamati a com- piere e la minor dipendenza (o più lenta a stabilirsi) delle varie partì, non v’ha un sistema nervoso; quindi mancando degli organi accentra- tori nervosi, sede negli animali e nell’uomo dei fenomeni subbiettivi delle sensazioni (individuali), non possiamo aseriverli alle piante; e questo lasciando impregiudicata la concezione che tanto nel mondo orga- nico quanto nell’ inorganico esista sempre una facies subbiettiva modi- ficantesi localmente ad ogni mutamento nelle condizioni, nell'attività. Del resto anche negli animali abbiamo un gran numero di movimenti d’ irritazione (viscerali) che restano estranei alla coscienza, e nei gradini infimi del mondo animale ci avviciniamo alle condizioni realizzate nelle piante. Le espressioni sensibilità, percezione degli stimoli, ece., che ci fa comodo adoperare, le riferiamo sempre a fenomeni di rispondenza obbiettiva. Non possiamo ancora paragonare i movimenti delle piante ai riflessi degli animali, ma piuttosto a quelli più semplici nei quali l’eccitazione motrice è indotta nei punti stimolati, senza il bisogno di un organo nervoso speciale (centrale, ganglio), come ad esempio nelle note espe- rienze di contrazione del muscolo gastroenemio di rana, stimolando il suo nervo 0 direttamente il muscolo. Il primo caso trova riscontro nei movimenti vegetali a zona recipiente lo stimolo separata dalla motrice, come avviene nel labello dell’ Orchidea esotica Masdevallia muscosa, ove la sensibilità (a stimoli meccanici) risiede in una cresta del detto la- bello, e viene determinato il sollevamento dell’organo, inflettendosi una porzione da quella ben distinta, a forma di laminetta (p. 72); e così pure nei tentacoli delle foglie di Drosera ove solo le capocchie sono irritabili, mentre il moto è eseguito dai pedicelli, e anzi dalla loro parte infe- = riore. Non cito l’ esempio notissimo di trasmissione lontana del movi- mento nella Mimosa, quando si recide o sì ustiona in qualche parte, giacchè pare l’ impulso non venga arrestato da zone uccise (Haberlandt Mae Dougal, Fitting), e quindi non consisterebbe in fenomeni plasma- tici (vitali); i tagli, le bruciature non provocherebbero direttamente una vera eccitazione, ma azioni fisiche le quali propagantisi (si è pensato, come è noto, a fenomeni di movimento dell’ acqua) agirebbero come sti- moli negli organi di moto a cui giungono successivamente, cioè nei pul- vini situati alla base del picciolo primario, dei secondari e delle foglio- line (p. 53). Nei casi di cui sopra pensiamo che una eccitazione deve trasmettersi dalla zona sensibile fino alla parte atta a compiere il mo- vimento, come nel preparato animale, colla differenza che non v' ha specializzata istologicamente una via di conduzione (nervo) (p. 74): 1 ec- citazione dal plasma di una cellula alla successiva segue le vie dei plas- modesmi; e il propagarsi, come nei nervi, lo immaginiamo quale un'azione (irritaute) di parti già eccitate su parti non ancora eccitate. Al secondo caso possiamo paragonare la maggioranza dei movimenti delle piante, in cui la regione sensibile non è separata dalla motrice : anche qui si offre a priori verosimile ammettere processi d’ eccitazione, indotti direttamente dallo stimolo, e determinanti i motori; e di più certi fatti non si spiegano altrimenti (p. 22, 24, 168, ecc.). E come neì mu- scoli, essendo generalmente la stimolazione limitata a una data parte della massa che reagisce, deve aversi una trasmissione dell’eccitazione alla rimanente; anzi, come vedremo (p. 14), le condizioni, almeno in molti casi, sono più complicate che in un muscolo. Ricorderò che, come risulta dagli studi di Burdon-Sanderson (p. 74), nelle foglie della Dionaea vengono provocati per effetto della stimola- zione perturbamenti nello stato elettrico, precedenti la reazione, che si trasmettono in punti più lontani, compresa” l’altra metà fogliare; e senza dubbio, a somiglianza dell’onda di negatività nei nervi e mu- scoli animali, segnano il cammino percorso dall’eccitazione. L'autore ne determinò la velocità del propagarsi partendo dal fatto che punti cor- rispondenti della faccia superiore e inferiore non sono allo stesso poten- ziale, e che, stabilito un arco elettrico fra luno e l’altro, può venir molto sE A bene avvertito il sopraggiungervi delle dette perturbazioni : gli elettrodi (impolarizzabili) erano fissati in corrispondenza del mezzo di una data metà fogliare ove sono inserite le setole sensibili, e irritava ivi in un certo numero di esperienze, mentre in altre lontano, nell’altra metà. E il detto metodo di Helmholtz gli diede il valore medio di 200 mm al secondo: come è noto, cifre simili si possono avere per nervi di ani-’ mali inferiori (velocità di trasmissione dell’ eccitazione). Negli animali ove, in relazione col grande sviluppo della vita di moto, esistono ben differenziati tessuti adibiti a fenomeni d’eccitàazione e alla loro conduzione, che mancano nelle piante, è pure specializzato, come sì sa, un tessuto per la funzione motrice, il muscolare, e ogni movi- mento è ottenuto con contrazioni delle sue fibre; tessuto non rappresen- tato nelle piante. Nei vegetali superiori non pare esistano casi di movi- menti d’organi dovuti a contrazione attiva di protoplasti. Le piante che crescono fisse al substrato utilizzano i fenomeni di crescenza nel com- piere la maggior parte dei loro tardi movimenti d’inflessione, sia inten- sificandola (gradatamente) verso il lato che dovrà riuscire convesso, sia elevandola ivi meno (o affatto) e deprimendola verso la parte opposta : per necessità meccanica, come è noto, deve risultare una curvatura. E si com- prende, essendo lento l’ accrescimento, che l' iniziarsi dell’inflessione ri- chieda un tempo notevole, spesso un'ora e più, ad onta, come si è visto, di un grado squisito di sensibilità. Però in certi cirri (organi sottili, nei quali ad ottenersi una curva di dato raggio basta una eccedenza assai lieve nella lunghezza del lato convesso sul concavo), con un forte inten- sificarsi della crescenza, prima debole, verso il lato convesso, si può avere, come fu già ricordato, un movimento di curvatura assai rapido (p. 74). Questi moti dovuti ad accrescimento rappresentano una specia- lità, dei vegetali (p. 79). Non mancano però esempi fra le piante di inflessioni ottenute con contrazioni al lato concavo, dovute a fenomeni reversibili, a somiglianza degli animali, come i noti moti della Mimosa ed altri (nei filamenti staminali di Cynaree sono della stessa natura; solo che, ‘a differenza degli altri movimenti vegetali di cui ci occupiamo, consistono in definitiva nella contrazione di tutto l'organo in corrispon- denza dei vari punti della sezione trasversale); ma quantunque sia tut- ap t altro che ben definito il processo della contrazione nei muscoli, si può giudicare che i mezzi con cui è ottenuta nei vegetali superiori riescono differenti; e viene utilizzata una condizione speciale delle loro cellule (Pfeffer). Come si sa, in queste, ad eccezione dei tessuti meristematici, la maggior parte del volume è occupato dal succo cellulare, ben distinto dal plasma il quale sta alla periferia, addossato (utriculo plasmatico) alla membrana cellulare che non manca mai (in certi casi cordoni plasma- tici attraversano il succo), e contro la quale vien premuto, distendendola, dalle forze osmotiche del succo, che raggiungono d’ordinario parecchie atmosfere (turgore cellulare). Di queste, dovute a composti sciolti, pos- siamo renderci ragione molto bene colla teoria cinetica, secondo la quale le molecole dei corpi allo stato di soluzione premerebbero come le mo- lecole di un gas; ma si spiegherebbero pure volendo ammettere solo un'azione attrattiva dei detti composti sull’ acqua. Il plasma è permeabile all'acqua e non, o in grado assai minore, a molte sostanze solubili; le quali qualità osmotiche risiedono, a quanto pare, nello strato plasmatico estremo, confinante sia col succo sia colla membrana, mentre quest’ul- tima lascia diffondere anche i composti allo stato di soluzione. E se si immerge un appropriato tessuto in soluzione salina diluita, si può con- statare che il volume degli elementi diminuisce, uscendo acqua, colla con- cezione cinetica per il fatto che la pressione osmotica esterna equilibra una parte della pressione regnante nell’ interno delle cellule; e se la soluzione è abbastanza forte, annullata la distensione elastica della membrana, l’utriculo plasmatico, continuando a restringersi, si stacca dalla parete cellulare (plasmolisi): la contrazione avrebbe fine quando il volume del succo è ridotto per modo da uguagliare la sua pressione osmotica quella della soluzione salina usata. Nei tessuti con le membrane cellulari non ispessite, la solidità, la consistenza è dovuta principalmente alla pres- sione dei succhi cellulari; è noto che le foglie, i giovani getti quando traspirano intensamente, senza avere a propria disposizione molta acqua, divengono flosci e ricadono. È provata in organi motori di cui sopra all’ atto del movimento una fuoruscita di liquido dalle cellule, che si riversa negli intercellulari; e la contrazione di queste si attribuisce .na- turalmente a un improvviso deprimersi della pressione osmotica, Così pa o da non essere più in grado di equilibrare la tensione elastica della membrana : per effetto di quest’ ultima viene espulso una certa quan- tità di liquido dalle singole cellule. Riguardo alle modalità con cui può essere ottenuta la brusca diminuzione della pressione, si possono fare diverse ipotesi, ad esempio che sostanze osmoticamente attive nel succo (sotto l’ azione diretta o indiretta del plasma) si trasformino in altre dotate di minor potere; il lento ritorno alla condizione iniziale che segue la reazione si spiegherebbe col riformarsi dei detti composti. Come si vede, in rapporto coll’organizzazione speciale delle piante, que- sti movimenti ottenuti a mezzo di contrazioni, sarebbero differenti dai muscolari degli animali. L’ammettere una parte attiva del plasma nel contrarsi non è in accordo con le condizioni cellulari che conosciamo pei vegetali superiori, ed incontra l’ ostacolo della poca consistenza di esso plasma, nella maggior parte della cui massa (anche durante i detti moti) sì possono osservare correnti (p. 80). Variazioni del turgore entrano pure in giuoco in movimenti d’irritazione, anzichè con depressione, con aumento di questo, in prevalenza al lato convesso, come avviene nei pulvini di cui son dotate le foglie di un certo numero di piante, quando assu- mono la posizione di notte; ece. (p. 86). E d’altra parte, in condizioni speciali, sono a prevedersi contrazioni non dovute affatto ad abbassa- mento del turgore, ma anzi al fenomeno contrario, nelle quali le cel- lule, allargandosi in senso trasversale, sì accorciano longitudinalmente, come nei vitiechi delle Sapindacee, ove le nuove condizioni resterebbero fissate dall’aggiunta di sostanza alla membrana (p. 92; del resto nelle curvature d’irritazione con allungamento, dovute a fenomeni di cre- scenza, offerte da altri cirri, parrebbe che il processo venga pure iniziato da un aumento del turgore: p. 78). Ed ora un accenno all’induzione dei processi motori che abbiamo scorsi, nelle varie parti della regione motrice. Nei movimenti otte- nuti con depressione del turgore in una data massa di tessuto al lato concavo , le cui cellule reagirebbero con intensità non troppo differente, ricordando le fibre dei muscoli negli animali, nessuna difficoltà ad in- tendere che l’eccitazione dovuta allo stimolo meccanico agente in un punto, induca il moto propagandosi a tutta quanta. Ma meno sem- nel plici sì discoprono le condizioni quando la curvatura risulta da gradi diversi di attivita di parti dell'organo situate fra la superficie convessa e la concava, agenti armonicamente (p. 11). Se lo stimolo è diffuso, non essendo ben inteso il membro capace di curvarsi che in un dato senso, come ha luogo nei movimenti di un buon numero di foglie do- vuti all’alternarsi diurno della luce e dell'oscurità, di parti fiorali in seguito a variazioni nella luce o nel calore, è ammissibile che, provocata direttamente |’ eccitazione tutto intorno alla superficie dell’ organo mo- tore (p. 93), si comunichi all’interno, oppure sia ottenuta anche ivi in via diretta, e trovi gli elementi predisposti a determinati gradi d’ azione, a seconda della posizione che occupano, ai quali vengono da essa indotti. Se invece lo stimolo opera unilateralmente, essendo 1’ inflessione dirigi- bile comunque a seconda la direzione di questo, non è più concesso ricorrere ad attività specifiche localizzate. Si può pensare, ad esempio, che l’ eccitamento determinato conduca più direttamente all’ induzione dei fenomeni motori accentuati in corrispondenza del lato convesso 0 del concavo, e che alle induzioni delle attività scaglionate in altri strati longitudinali abbiano parte azioni correlative, senza che d’ altra parte queste sieno da escludersi a proposito dei moti dovuti a stimoli diffusi. Meno verosimile sembra l'ipotesi che l'eccitazione nel propagarsi entro l'organo in senso trasversale si modifichi per modo da essere in grado di chiamare direttamente i graduali fenomeni motori. E si tenga anche presente che non è detto in tutti i casi debba riuscir attiva l’intera massa dei tessuti dell'organo (p. 94). A somiglianza di quanto avviene nei muscoli animali, che si contrag- gono per effetto di svariate stimolazioni dei loro nervi o dei muscoli stessi (ed è anche il caso di ricordare il noto principio delle energie specifiche degli organi di senso), può nelle piante un organo di movi- mento essere indotto a compiere il particolar moto a cui è destinato, oltrechè dallo stimolo specifico attivo in natura, anche da altri, che per lo più agiscono solo nei laboratori. Ad esempio la Mimosa risponde ugual- mente ad urti e scuotimenti, e a forti e brusche modificazioni di tempe- tura, ad agenti chimici, a correnti d’induzione, in seguito a ferite pro- fonde, ece.; così pure i vitiechi reagiscono con gli stessi processi motori, oltrechè al peculiare stimolo meccanico che li induce ad avvolgersi in- torno a sostegni, ad altre svariatissime stimolazioni come sopra (p. 118). Che sia possibile giungere al medesimo risultato in maniera differente non sarebbe difficile mettere in evidenza con ordigni costruibili. Gli effetti immediati dei detti stimoli sul plasma, provocanti i processi d’ irri- tazione, sono senza dubbio diversi (agiscono, almeno in certi casi, in punti differenti), e possono riuscir tali anche eccitamenti primi (l’intero processo costituirebbe una catena più o meno estesa, i cui anelli si determinano l’ un l’altro), venendo indi le eccitazioni a corri- spondere, nell’ attività plasmatica inducente direttamente i fenomeni motori, e forse anche prima (p. 122). E che così svariate azioni riescano efficaci accennerebbe essere molto labile lo stato di non irritazione. Però non dobbiamo considerare senz’altro come generale l’identica reazione di un dato organo motore a stimoli vari: una stessa parte può essere adibita a due movimenti di natura differente, per opera di due diverse stimolazioni che agiscono in natura, abbiano pure luogo nello stesso senso; come avviene a proposito della Mimosa pei moti di cui sopra, e per quelli dovuti all’ alternarsi diurno della luce e dell'oscurità, che conducono alle medesime posizioni, ma si com- piono con fenomeni motori differenti (e assai più lentamente). In quanto ai movimenti di orientazione degli organi, degli organismi microsco- pici dotati di locomozione, sotto lo stimolo della luce, della gravità, di composti chimici, ece., hanno luogo con processi motori simili (si veda però a p. 96 e a p. 28), e se ne sperimentarono anche con stimoli non attivi in natura. In aleum casi si è potuto accertare che, sovrap- poste le azioni di due agenti, non entra in campo la legge di Weber, il che avviene quando si accresce l’ unico con cui sono in presenza; e il fatto si spiega con una diversità almeno nelle eccitazioni prime. D'altra parte è prevedibile che talora per stimoli aventi analogie molto strette, anche queste possano riuscire identiche; l’ organismo non sarebbe in grado di distinguere l’ uno dall'altro stimolo, come ha luogo ad esempio per il cloruro potassico e il cloruro ammonico sullo Spirillum rubrum, le cui azioni si influenzano secondo la relazione di Weber (p. 94). Già sì è accennato alla reversabilità dei moti dovuti a variazione nel des AD turgore; come i muscoli degli animali, gli organi, compiuto il movi- mento d'’irritazione, ritornano nella condizione primitiva (il moto in- verso è assai più lento). Ma anche le curve dovute al modificarsi del- l’intensità della crescenza tendono a ritendersi se cessa l’azione inflettente dello stimolo: l’ accrescimento va distribuendosi in senso contrario ri- spetto a quanto ebbe luogo durante l’incurvarsi; il lato prima concavo cresce di più e il convesso meno (p. 96). Senza dubbio il fenomeno è dovuto ad una tendenza insita in molti organi a conservarsi rettilinei, cioè ad allungare in definitiva nella stessa misura ogni lato, e siamo in presenza di uno degli infiniti casì di autoregolazione dell’ organismo; fu osservato anche in seguito a curvature ottenute con semplici mezzi meccanici senza che sia in giuoco un processo d'irritazione (p. 96). É nor è da escludersi che la ritensione sì ottenga in certi casi, anzichè con fenomeni di crescenza, con altri mezzi di cui gli organi dispon- gono: in radici che subiscono una contrazione longitudinale nella re- gione non più in via di allungamento, parrebbe possa venir utilizzato questo fenomeno, accentuandolo di più al lato convesso (p. 96). Ricorderò che talvolta nella ritensione la condizione rettilinea viene subito alquanto sorpassata; indi l'organo vi ritorna definitivamente, avendo compiuto una oscillazione (p. 96). Molte volte, come nella Mimosa, nei tentacoli della Drosera, nei vitiechi, nei perigoni di certi fiori che si aprono con un elevamento di temperatura, ecc. (movimenti dovuti a variazione del tur- gore, a fenomeni di crescenza), la ritensione ha pure luogo perdurando ad agire lo stimolo ad intervalli sufficientemente brevi o in continuità, e l'organo in quelle condizioni non risponde più alla stimolazione. Ciò può essere dovuto ad affaticamento delle strutture irritabili, come pure allo stabilirsi di una specie di abitudine all'agente stimolante (p. 97). Qualche cosa di simile si verifica anche nei muscoli sottoposti a sti- moli solo moderatamente forti, che si ripetono ad intervalli brevissimi (p. 98). Affinchè abbiano luogo i movimenti d’irritazione sono necessarie, come per le altre funzioni della vita, certe condizioni fra cui principalmente un dato grado di calore: se la temperatura è inferiore a un certo nu- mero di gradi, variabile a seconda dei casi, si ha uno stadio di insensi- in I bilità; così pure non deve superare un massimo, e si danno le temperature optimum. Naturalmente negli organismi aerobii è d’uopo la presenza di ossigeno libero; e fra questi si conosce con certezza solo il caso della Dro- ‘sera, i cui tentacoli possono inflettersi in ambiente privo del detto gas. E la quantità minima di ossigeno richiesto varia a seconda dei casi (p. 98). Avremo occasione di accennare ad esempi di condizioni molto particolari che richiedonsi talvolta per una data maniera di rispon- denza, e mutate, questa si modifica. A somiglianza di quanto avviene per gli animali, sostanze conosciute col nome di narcotici, come il cloroformio, l’etere, ecc., se adoperate a dosi non troppo forti, possono avere la capacità di deprimere o sospendere temporaneamente l’irritabi- lità, come del resto in generale anche le altre funzioni della vita. In riguardo ai moti dovuti a depressione del turgore, che si compiono con grande rapidità, la narcosi si ottiene abbastanza prontamente. Così collocando un vaso di Mimosa sotto una campana, esposta all’azione dei vapori di etere o di cloroformio, si può riuscire in pochi minuti a farle perdere l’irritabilità; e se l’azione non si protrae troppo a lungo, la pianta non ne soffre, e dopo qualche tempo che ne è stata allontanata ritorna sensibile. Interessanti sono fra altre le ricerche del Rothert, il quale ha mostrato che in organismi vegetali inferiori dotati di locomozione, l’ef- fetto narcotizzante di questi composti sui movimenti d’ irritazione (do- vuti a stimoli chimici, all’ azione della luce) può esplicarsi già ad un tenore al quale riescono inattivi o poco efficaci sui fenomeni del movi- mento autonomo; però il detto effetto non.è generale, e in altri casi riesce invertito riguardo ai due ordini di moti (p. 98). Un certo numero di movimenti nelle piante, dovuti a processi vitali, come sarebbero quelli di locomozione in microorganismi, e nei vegetali superiori nutazioni, particolari moti periodici di foglioline, assai vistosi nel Desmodium gyrans, ma che molto più lenti hanno pure luogo in nu- merose altre specie, per esempio in Oxalis, Trifolium, taluni movimenti in organi fiorali, ecc., si compiono anche mantenendo costanti le con- Pg: dizioni esteriori: non sono determinati da stimoli esterni, ma interni, che non è facile definire. Noi ci contentiamo di accennare a questi moti, che anch'essi trovano largamente il loro riscontro negli animali, per occuparci di quelli dovuti a una stimolazione che provviene dal mondo < ambiente. E cominciamo dai moti di parti il cui senso d’incurvamento, inva- riato, non dipende da una direzione dello stimolo, ma dalla struttura dorsiventrale (sia pure solo fisiologicamente) dell’ organo; notando però che in alcuni casi, oltrepassata gli stimoli una data intensità, può inver- tirsi la direzione del movimento, ad esempio in perigoni di Crocus e Tulipa per calore abbastanza elevato (p. 105). Questi organi possono essere adibiti esclusivamente alla funzione di moto, come i cuscinetti delle foglie e foglioline di numerose piante, che permettono l’ assun- zione delle attitudini così dette di sonno e di veglia, per effetto del- l'alternarsi della luce e dell’ oscurità; la parte motrice nel labello della Masdevallia muscosa; ecc.; e vi riscontriamo naturalmente strutture anatomiche in relazione coll’ufficio loro. Altre volte, pur offrendo, al- meno in certi casi, strutture visibilmente correlative a questa loro fun- zione, servono nello stesso tempo a un altro ufficio più generale nella pianta, come le foglie di Dionaea, di Aldrovanda, ece. I moti, cono- sciuti col nome di nastie, e che richiamano numerosi movimenti ani- mali, non suscettibili di compiersi che in un senso determinato, servono a scopi particolari, come sarebbe di preservazione, a favorir 1’ impolli- nazione, alla cattura di piccoli animaletti in piante insettivore, ecc. Sotto il panto di vista degli stimoli attivi si danno principalmente organi nastici reagenti in natura a variazioni nella luce o nel calore (nictinastie: p. 106), ed altri in grado di rispondere a stimoli mecca- nici. Questi ultimi possono consistere in urti unici di corpi, sia solidi, sia liquidi, o anche solo nell’ operar flessioni (sismonastie: p. 112; gli organi sono caratterizzati inoltre, almeno nei casi studiati, dal com- piere i moti con depressione del turgore); mentre altre volte consistono nel fenomeno più particolare del contatto di corpi solidi, in condizione di non immobilità, che si traduce in una serie abbastanza rapida di urti distinti, sieno pure deboli (aptonastie: p. 114). In certi casi uno siii” Pi stesso organo rientra in due gruppi differenti, come i pulvini della Mi. mosa. E già si accennò che oltre gli stimoli anzidetti possono provocar il movimento altri (p. 118), che per lo più non agiscono in natura, mentre talora assumono una considerevole importanza biologica, come av- viene in organi del terzo gruppo per stimoli chimici (Drosera, Pinguicula). Ma immensamente più diffusi, e si può dire che hanno la capacità di compierli i cauli, le radici, ecc. di tutte le piante, senza essere estranei nemmeno alle inferiori (fisse al substrato), sono altri moti di curvatura che possono aver luogo in qualunque senso a seconda della direzione dell'agente stimolante, d’orientazione di fronte ad esso; e costituiscono la vasta classe dei tropismi. Si è già avuto occasione di accennare alla loro importanza pei vegetali, assicurando agli organi la posizione più favorevole al compimento delle funzioni loro: tenuto conto delle condi- zioni biologiche assai diverse, possiamo considerarli rispondenti a un gran numero di movimenti esterni degli animali. Mentre nella gran maggioranza dei casi il movimento tropistico può aver luogo colla stessa facilità in ogni direzione, talvolta, come in vi- ticchi (organi aptotropi), ai quali ci riferiamo, la struttura è tale da renderlo, se non altro, più agevole in un senso determinato. E il ca- rattere tropistico, manifesto oltre alla possibilità di ottenere in generale una qualche curva in altra direzione all'infuori della normale, spo- stando lo stimolo (lungo un fianco, anzichè operare come d’ ordinario sulla faccia ventrale), è anche indicato dal fatto che nei casi in cui riesce senza effetto motore lo sfregamento lungo il lato dorsale (Cucur- bitacee), dà ivi luogo però sempre a fenomeni d’eccitazione (p. 122). D'altra parte questi organi, a causa della loro dorsiventralità rien- trano fra i nastici: anche stimoli diffusi (non unilaterali) sono in grado di provocarvi il movimento, operando ognora nel senso della maggior capacità di rispondenza aptotropa; e senza dubbio almeno le eccitazioni ultime a cui danno luogo vengono a corrispondere a quelle dovute agli stimoli tropistici (p. 122). E sia pur ricordato che in certi filamenti stami- nali irritabili (nei quali però probabilmente si danno condizioni più sem- plici che non nei viticchi), a direzione di moto non invariabile, questo si compie assai meglio in un dato senso (p. 123; si veda ancora a p. 73). IA Fra i tropismi abbiamo geotropismo (dovuto allo stimolo della gra- vità), eliotropismo, idrotropismo, chimotropismo (p. 124), aptotropismo (p. 114), traumotropismo (radici che subiscono un trauma all'apice uni- lateralmente si inflettono dalla parte opposta nella successiva zona di elongazione, atta a curvature, tendendo a sfuggire la causa che lo pro- vocò; p. 136), termotropismo, reotropismo (dovuto a una moderata cor- rente in radici immerse nell'acqua, curvantisi in senso contrario; e fu riscontrato anche in miceli di funghi; p. 137), galvanotropismo (in- dotto nelle radici in culture acquatiche attraversate dalla corrente elet- trica; p. 137), ecc. Solo in un piccolo numero di casì si compiono con variazioni del tur- gore; nelle foglie provviste di cuscinetti motori (p. 92). In generale avvengono con fenomeni d’ accrescimento, ed hanno luogo in parti an- cora giovani in via di erescenza (p. 74); però sono state accertate in molti casi erezioni geotropiche di organi già adulti (p. 137). Per l’addietro i tropismi furono considerati come dovuti direttamente all’azione fisiologica degli agenti tropistici sulla erescenza, o ad un effetto loro ancora più immediato. Sull’esempio di A. P. De Candolle (p. 139) l’eliotropismo si attribuiva al fatto che il lato rivolto alla luce, essendo più illuminato, si allunga in misura minore dell’opposto, per il noto effetto deprimente di questa sulla crescenza longitudinale: l'organo sì inflette verso la luce. Una spiegazione dello stesso genere fu data a pro- posito del termotropismo. Il Van Tieghem (p. 139) pensava che se l’ or- gano termotropico è esposto all’azione unilaterale di una sorgente di calore, in modo che due facce opposte vengano disugualmente scaldate, nel caso che le temperature di ambedue riescano superiori all’ optimum per l’ accrescimento, deve curvarsi verso la sorgente, perchè essendo al lato opposto la temperatura (meno elevata) più vicina all’optimum, la crescenza ivi sarà più forte che dall’ altra parte; e se per contro le tem- perature delle due facce stanno sotto il detto optimum, si infletterebbe in senso contrario. Riguardo al geotropismo il Knight (p. 189), che, come è noto, per il primo lo dimostrò sperimentalmente, riteneva che radichette poste orizzontali si inflettono all’ ingiù in via diretta per effetto del proprio peso, considerandole presso l’apice come più o meno plastiche; sa e in quanto ai fusticini, i quali nelle stesse condizioni sì incurvano in senso contrario, era condotto ad ammettere che nella posizione orizzon- tale i succhi nutritivi si. accumulino di preferenza al lato inferiore, il quale, meglio nutrito, crescerebbe più dell’ opposto, provocando per con- seguenza meccanica l’inflessione verso l’ alto. Ma questa concezione rudimentale si dovette abbandonare nella seconda metà del secolo scorso, fino a che con Sachs venne chiaramente riconosciuto trattarsi di un processo d’ irritazione. La radice che si curva non possiede le qualità che vi si attribuivano; e se ne viene equilibrato il peso, attaccandovi un filo che si fa passare sopra una carrucolina e reca all’ estremità un pesetto, anche assai superiore a quello della porzione che si infletterebbe, il tropismo ha luogo ugualmente; così pure si ottenne la penetrazione della radice, nel curvarsi geotropico, entro il mereurio, che ha un peso specifico molto più elevato del corpo radicale, ecc. Non si tratta di un fenomeno passivo, ma si produce attivamente, colla capacità a vincere delle resistenze esterne. Distrutta la concezione che ammetteva l° inter- vento diretto della gravità nel geotropismo delle radichette, cade senz'altro anche la spiegazione data per il geotropismo dei fusticini, che ha luogo in senso contrario (p. 139). In quanto all’ ipotesi Candolleana sull’ elio- tropismo, venne del tutto scalzata col riconoscimento che certi organi (radici di parecchie specie, ecc.), sulla crescenza longitudinale dei quali la luce esplica lo stesso effetto ritardante, reagiscono di fronte ad essa curvandosi dalla banda opposta (p. 139), e colla scoverta che certe parti le quali normalmente si inflettono verso la luce, si ineurvano in senso contrario se questa sorpassa una certa intensità (p. 139). Il fatto dimo- strato che in piantine di Graminacee e anche in numerosi altri casi può venire esposta alla luce solo una breve porzione apicale, e ciò non ostante l’inflessione eliotropica si propaga verso la base, in regioni te- nute oscurate (Darwin, Rothert), non potrebbe più in generale venir in- vocato contro l’ ipotesi Candolleana, ora che le ricerche di Fitting hanno provato che anche gli effetti della luce sull’ intensità della crescenza pos- sono esplicarsi indirettamente in parti non illuminate; però il caso delle piantine, ad esempio di Panicum, nelle quali, raggiunto un certo stadio di sviluppo, solo il breve organo apicale a ferro di lancia, il così detto IO coleoptile, riesce sensibile (tropicamente), e la curvatura non avviene che nella regione inferiore (mesocotile), suscettibile di rallentare il proprio accrescimento se esposta sola alla luce, individualizza l’ azione tropistica (p. 140). E nemmeno sussiste la concezione simile per il termotropismo. Wortmann (p. 140) ha provato che in realtà gli organi termotropici (radici) si comportano inversamente a quanto ammetteva il Van Tieghem; ed era da aspettarsi, dato che questo tropismo abbia una utilità per la pianta: le radici si curvano verso una moderata sorgente di calore, e se ne allontanano se troppo forte. Come l’aptotropismo dei cirri, in cui nemmeno a prima vista si offre la possibilità di trarre in campo un’ azione fisiologica diretta dello stimolo meccanico (1’ accrescimento si intensifica andando dal lato stimolato all’ opposto, mentre lo sti- molato non modifica o quasi le proprie condizioni: p. 75), gli altri tropismi non sono affatto dovuti agli effetti generali degli agenti tro- pistici sulla erescenza, spiegati localmente. I detti agenti provocano spe- ciali eccitazioni, determinanti dei processi motori che occorrono alla realizzazione delle curve richieste. Naturalmente anche le azioni gene- rali di cui sopra possono condurre in certi casi a curvature. Così in armonia coi principi di Van Tieghem, il Véchting (p. 140) ha de- scritto che i bottoni fiorali di specie di Magnolie, i quali in prima- vera stanno per aprirsi, si inflettono, in condizioni favorevoli, verso il nord, venendo il calore del sole dalla parte opposta. Queste curvature non possiamo paragonarle agli altri movimenti d’ irritazione di cui ci occupiamo, e non sono da allogarsi fra i tropismi. Le azioni stimolanti cessano quando gli organi vengono ad assumere determinate orientazioni rispetto all’ agente tropistico, e quindi essi si arrestano in quelle posizioni (talvolta dopo averle alquanto oltrepassate). Così i fusticini illuminati da un lato si inflettono verso la sorgente di luce, e pervenuti paralleli alle radiazioni, non ha più luogo il loro ef- fetto irritante. I fusticini, le radichette, se disposti orizzontali, sì curvano perchè stimolati dalla gravità, fino a raggiungere la stazione verticale, i fusticini diretti in alto, le radichette all’ ingiù: l’azione della gravità parallelamente all’asse longitudinale dell’organo (sia che venga conside- rato il suo peso complessivo o la pressione di corpuscolini solidi conte- O nuti nei protoplasti, a somiglianza degli statoliti di animali inferiori) corrisponde per queste parti alla condizione di equilibrio tropico; mentre in qualunque altro senso si traduce in una stimolazione (p. 140). La gran maggioranza delle foglie delle Dicotiledoni invece è in equilibrio di fronte alla luce quando il lembo riceve perpendicolarmente le radiazioni. Possiamo quindi distinguere organi ortotropi o parallelotropi, i quali tendono a disporsi paralleli alla direzione dell’ agente stimolante, e dia- tropi che si orientano normalmente ad essa; clinotropi sarebbero se for- mano con questa un certo angolo. I due ultimi atteggiamenti sono compresi nella denominazione di plagiotropismo. Però bisogna osservare che è ben lungi dall’essere provato il plagiotropismo corrisponda in tutti i casi semplicemente a un equilibrio tropistico, come avviene per il parallelotropismo; anzi allo stato attuale delle nostre conoscenze pare che in un buon numero (plagiogeotropismo) sia ottenuto dalla combinazione di un ortotropismo con altra causa efficiente fisiologica, anch’ essa in re- lazione coll’agente tropico; e ai vocaboli di cui sopra non è da attribuirsi in generale che un significato empirico (p. 143). Spesso gli organi diatropi hanno struttura dorsiventrale, e per il loro equilibrio si richiede, non solo sieno normali alla direzione dello stimolo, ma che rivolgano ad esso una determinata faccia (foglie, ecc. ; p. 162). I parallelotropi si distinguono in positivi e negativi a seconda che son diretti verso l'origine dell’ agente stimolante o in senso contrario (si possono pure designare coi prefissi pro e apo), e lo stesso dicasi dei clinotropi. Per gli organi geortotropi è stato dimostrato che l’azione stimolatrice va crescendo successivamente allontanandoli dalla stazione normale verso 1’ orizzontale, ove riesce massima; le posizioni ad angoli uguali sopra e sotto l'orizzonte si equivalgono; e pare che l’ orientamento ortotropo inverso, cioè pei fu- sticini diretti verso il centro della terra, per le radichette verso lo zenith, corrisponda pure a una condizione d’ equilibrio, ma instabile : ad ogni deviazione, provocata per esempio da cause interne (nutazioni), lo stimolo della gravità, ridivenuto attivo, tenderebbe a condurli nella sta- zione normale. Si può ritenere che alle varie inclinazioni agisce come stimolo la componente della gravità normale all’ asse dell’ organo (p. 163). In quanto all’ aptotropismo e al traumotropismo, data la natura speciale del della stimolazione, non può parlarsi tutto al più che di un tropismo in senso positivo nel primo caso e negativo nell’altro: la posizione che l’or- gano viene ad assumere in natura coll’ aptotropismo è la curva, appli- cata intorno al sostegno; col traumotropismo un’ orientazione lontana dalla causa traumatica. Nelle esperienze, non potendosi eliminare un dato agente tropistico (non è mai possibile per la gravità), se ne neutralizzano gli effetti, al- meno nel caso dell’ ortotropismo e del diatropismo (p. 167), facendo ruo tare lentamente (non deve svilupparsi forza centrifuga sensibile, che agi- rebbe come stimolo) la pianta intorno a un asse perpendicolare alla direzione del detto agente (clinostato), in modo che due lati opposti ven- gano successivamente a trovarsi nelle stesse condizioni di fronte ad esso. Per il geotropismo Vasse sarà orizzontale; per l’eliotropismo verticale, se, come per lo più avviene, la luce giunge orizzontalmente. E quando un dato stimolo tropistico agisce su contrari lati, non par- rebbe abbia luogo combinazione di due opposte reazioni (curvature), ma piuttosto la risultante (differenziale) dei due processi d’ irritazione si stabilisca già ad uno stadio anteriore, cioè nell’ eccitamento. Infatti Fitting ha riscontrato nei vitiechi che, irritati in tal modo con la me- desima intensità, non solo manca la curvatura, ma la erescenza longi- tudinale non si modifica affatto, mentre i moti hanno luogo con note- vole accelerazione dell’ accrescimento, oltrechè al lato convesso, anche lungo la linea media fra questo e il concavo (p. 168). E siccome può osservarsi azione inibitrice sopra una curvatura da parte di stimola- zione contraria operata quando quella è gia iniziata, bisogna pensare, come era del resto verosimile, che anche fenomeni d’eccitamento, deter- minanti i motori, perdurino, almeno per un certo tempo, a compiere la detta funzione (p. 168). Inoltre lo stesso Fitting ebbe occasione di sperimentare nei numerosi casi studiati, che stimolazioni non ugualmente forti di un medesimo agente tropistico, la gravità, le quali però si tra- ducono nella stessa grandezza di curvatura (questa si compie dopo che, irritati gli organi per tempi uguali, si fanno ruotare al clinostato; se lo stimolo perdurasse ad agire unilateralmente sarebbe da aspettarsi, in ogni caso, il raggiungimento della posizione di equilibrio tropistico), III ripetute ad intermittenza per uguali durate in opposti sensi, non equi- librano affatto i loro etfetti, e si ottiene un’accentuata inflessione nel senso dell’ irritazione maggiore; ciò che mostra la risultante si andò determinando ad uno stadio nel quale ì valori differiscono, quindi di necessità precedente la fase motrice (p. 169). In quanto a certi casì os- servati di fenomeni di erescenza al clinostato, accennanti al sommarsi processi motori d' irritazioni contrarie (geotropiche), è verosimile che i detti fatti (intensificarsi 0 anche addirittura ridestarsi dell’ accrescimento in nodi caulinari) non appartengano in realtà a processi tropistici, ma sieno solo dovuti a una nuova condizione nella quale viene a trovarsi l’organo (p. 169); è noto che anche nella stazione verticale inversa si modifica la crescenza (p. 164). La sensibilità tropica è frequentemente localizzata, o almeno più squi- sita, nella regione apicale estrema degli organi (la quale può venir prima esposta all’ azione del tropistico), per modo da rendersi necessaria una trasmissione d’ eccitamento, oltrechè in senso trasversale, anche in senso longitudinale (p. 171): in condizioni favorevoli (eliotropismo di organi epigei) è dato seguire il procedere dell’ inflessione in senso basipeto lungo tratti non stimolati (p. 171). Fitting con numerose esperienze ha mostrato che in piantine di Avena la curva eliotropica si propaga orien- tata normalmente, anche se lungo il suo cammino è praticato un taglio interessante la metà e più della sezione trasversale, dalla parte rivolta alla sorgente della luce o dall’opposta, ecc. (in regione tenuta allo scuro ; solo l’apicale veniva esposta alle radiazioni). E risultati dello stesse ge nere si ebbero a proposito del traumotropismo delle radici (Pollock, Fitting) (p. 172). Bisogna pensare che, propagandosi attraverso la por- zione rimanente della sezione trasversale una parte della serie d'’ ecci- tazioni scaglionate fra il lato stimolato e l'opposto (p. 14), la serie abbia la tendenza a completarsi. Questa trasmissione d’eccitamenti, tropistica, è ben distinta dai casi ricordati nella prima parte del nostro studio, di propagazione di un impulso motore dalla regione sensibile alla motrice, non suscettibile di curvarsi che in un dato senso (organi nastici). L’' apice può partecipare alla reazione, come nella maggior parte dei casi di eliotropismo a cui si accennava sopra, mentre altre == volte l’ estremità sensibile non è in grado di compiere i processi motori (o in minima misura), sia per esaurita crescenza, come ha luogo ad un certo stadio di sviluppo in piantine di Panicum, Setaria, alle quali già ci riferimmo (eliotropismo; la sensibilità si conserva più a lungo), sia perchè non vi si estende normalmente la zona di elongazione atta a curvarsi, come avviene per le radici (vari tropismi); solo nel tratto sue- cessivo, alle eccitazioni che ivi giungono dall’apice, seguono propria- mente i processi motori (p. 173). Merita di essere ricordata in modo speciale la trasmissione che si è sperimentato in molti casi (p. 162) di un eccitamento eliotropico nelle foglie dal lembo al picciolo, tenuto oscurato, in grado di indurre questo ai particolari movimenti necessari per portare la lamina nella voluta posizione normale alle radiazioni. Notevolissimo è il fatto, già accennato, che si osserva in un certo numero di casi per dati agenti tropistici, provocanti tropismi positivi affine di condurre le piante, gli organi ad usufruirne nelle migliori condizioni ; la cui azione entro certi limiti aumenta col crescere della loro intensità (si può constatare ad esempio in certi casi mettendoli in conflitto con un altro agente che non vari, come sarebbe l’ eliotropismo che tenda a condurre organi orizzontali, col geotropismo, essendo questi geoortotropi negativi: risultano diverse inelinazioni sull’orizzonte), e, sorpassato quest’ultima un certo valore, va scemando e poi si annulla, determinando ad intensità ancora più elevate rispondenza negativa : l'organo sfugge il tropistico divenuto dannoso. L’induzione dei parti- colari fenomeni motori più accentuati verrebbe in quest’ultimo caso spostata in punti diametralmente opposti rispetto a quanto ha luogo nella reazione positiva; però devesi notare che mancano studi comparativi fra i processi delle due rispondenze. Di questi comportamenti furono rico- nosciuti principalmente nell’ eliotropismo (p. 139; per le condizioni nelle quali avrebbe luogo la rispondenza negativa si consulti E. Pringsheim: p. 49), nel termotropismo, nel chimotropismo. In altri casi non è com- patibile con l’utile della pianta che una sola maniera di rispondenza. Si è visto che inversioni di questa non sono estranee nemmeno a talune nastie. put Ricordo qui che non è raro il fatto del modificarsi l’ orientazione di organi verso un dato agente tropistico, principalmente la gravità (pas- saggio da ortotropi in plagiotropi e viceversa, variazione dell’ angolo nel clinogeotropismo, ece.), senza che vari l’intensità di quest’ultimo, in concomitanza a un certo stadio di sviluppo, mutate condizioni esterne, ecc.; come ha luogo in getti che, prima eretti, si reclinano e divengono striscianti, o che, striscianti, si sollevano nella primavera successiva (Ve- ronica officinalis, Lamium Galeobdolon, ecc.); nei cauli sotterranei di Adoxa e di altre specie, i quali, illuminati, si inflettono all’ ingiù, senza che 11 senso della curvatura offra alcuna relazione con quello della luce; nei rami che spesso non offrono nel proprio decorso la medesima incli- nazione; ece.: fenomeni che biologicamente possono essere di una grande importanza; e non riesce difficile trovarne i riscontri negli animali. È verosimile che, almeno per un certo numero di casì, entrino in campo, anzichè variazioni in un tropismo propriamente detto, in un’ altra com- ponente del plagiotropismo alla quale si è accennato innanzi (p. 144, 147, 148, 153, 159). E senza dubbio le dette cause modificatrici della ri- spondenza sì esplicano con modificazioni strutturali, sieno pure a noi non percettibili. Già si è avuto occasione di menzionare torsioni con cui possono es- sere ottenuti orientamenti di organi dorsiventrali, come sarebbero foglie, fiori zigomorfi (si combinano anche spesso con curvature), e parrebbe che, almeno in certi casi, sieno dovute veramente a una speciale stimo- lazione di un dato agente, la gravità o la luce, a somiglianza di tro- pismi (tortismi; p. 173); ma stimiamo inutile occuparcene particolar- mente, giacchè troppa oscurità regna ancora intorno a questi processi, e veniamo senz'altro, dopo aver trattato dei movimenti delle piante fisse al substrato, a quelli d’orientazione di fronte a stimoli degli organismi microscopici vegetali dotati di locomozione, conosciuti col nome di tassie (in senso largo tropismo può comprendere pure tassia), che offrono una analogia ancora maggiore coi moti degli animali. È noto che le zoospore verdi delle Alghe sciamano verso la luce (0 in senso contrario) (p. 173); gli spermatozoidi dei Pteridofiti verso i sali dell’acido malico, quelli dei Muschi verso lo zucchero di canna, le quali dh ag sostanze li attraggono verosimilmente in natura negli organi femmi- nili, ecc.; e si può osservare al microscopio il loro cambiamento di di- rezione sotto l’azione dei detti stimoli. Così se in una goccia d’acqua ove corrono in tutti i sensi in gran numero spermatozoidi del comune Adiantum cuneatum, introduciamo l estremità di un capillare conte- nente una soluzione diluita di malato neutro di sodio, passando in viei- nanza dell’ imbocco, irritati dal chimotattico che si diffonde, si piegano verso il tubetto, corrono ad esso, e quindi vanno rapidamente raccoglien- dovisi. Bisogna pensare ad una stimolazione unilaterale (non raggiungen- dosi al lato opposto la soglia d’eccitazione), o almeno ad un eccesso di questa in corrispondenza di un fianco sull’ opposto; e non vi riesce d’ osta- colo il moto rotatorio di cui pure son dotati, se si ammette la rispon- denza segua assai rapidamente allo stimolo (p. 174). Però non sempre nei microorganismi il loro accumulo in certi punti, dovuto a movimenti d’ irritazione, è ottenuto direttamente con una de- viazione del primitivo moto. In un buon numero di casì, per esempio nei Bacteri stimolati da agenti chimici, lo scopo vien raggiunto in ma- niera differente, con un movimento sempre lo stesso, consistente nella repentina inversione del moto, come scopersero aleuni anni or sono il Rothert e gli americani Jennings e Crosby (p. 177); e lo stimolo non è più necessario agisca assimmetricamente sul corpo. I Bacteri ven- gono adunati in gran copia, per esempio da estratto di carne, che costi- tuisce per essi un ottimo alimento, pure offerto in un capillare alla goccia che li contiene. E si riconobbe, seguendo il loro cammino, che procedoro indisturbati, e se spontaneamente sono condotti ad avvici- narsi al tubetto, indi se ne allontanano, continuando nella direzione primitiva; ma giunti ad una certa distanza, dove il chimotattico diffon- dentesi è molto diluito (o non più contenuto nel liquido), bruscamente ‘tornano indietro, si approssimano di nuovo al capillare, e poi discostan- dosene, alla stessa distanza dall’imboeco offrono un nuovo sbalzo al- l’ indietro; e il giuoco si continua. Come si vede, agisce quale stimolo il passaggio da un certo tenore della sostanza ad uno inferiore. I mi- crobii restano in tal modo prigionieri in un’ area tutto intorno al tubetto dalla quale non possono sfuggire; e siccome il loro moto non è assolu- MST” geo DI tamente rettilineo, e nell’invertirlo per lo più non conservano esatta- mente la primitiva direzione, finiscono col penetrar nel capillare; ad ogni modo l'accumulo intorno all’ imbocco precede il loro riunirsi nel- l’interno del tubetto. Questi improvvisi moti all’ indietro per effetto di stimoli (fobismi), pure conosciuti in organismi inferiori non vegetali (In- fusori ciliati), si considerano, tenufo conto della loro finalità, come tas- sie (corrisponderebbero realmente alle nastie delle piante superiori), di- stinguendole col nome di fobotassie da quelle di cui sopra, nelle quali è in giuoco una deviazione dell’asse del corpo, dette topotassie. E le une e le altre possono anche cooperare allo stesso effetto, come è stato constatato negli spermatozoidi dei Pteridofiti: una volta attirati nel capillare sono impediti di sfuggirne con fobismi (p. 179). Oltrechè fobismi dovuti a stimoli chimici, ne abbiamo anche determinati, per esempio, da variazioni nella luce (repentina diminuzione), come nel Chromatium photometricam e in generale in Baceteri purpurei; noti assai prima delle fobochimotassie per opera di Engelmann: i detti mieroorganismi vengono adunati in piccole areole luminose proiettate nella goccia di cultura (p. 180). In quanto alle modalità con cui si compie il movimento fobico, nei Bacteri in cui non è distinta un’ estre- mità anteriore dalla posteriore (per esempio Bacillus Solmsii, Amylo- bacter), come era da aspettarsi, non ha luogo rivolgimento dell’ asse del corpo, che si produce negli spermatozoidi; mentre nei fotofobismi dei Bacteri purpurei, provvisti di cigli solo all'estremità anteriore, non avvenendo il detto rivolgimento, abbiamo uno sbalzo all’ indietro solo per breve tratto (con rotazione del corpo in senso contrario al primitivo), e subito riprendono il cammino allo avanti. Altri studi decideranno come si comportano precisamente i Bacteri organizzati come questi ultimi nelle fobochimotassie (p. 180). Date le nozioni poco precise che possediamo intorno alla meccanica della locomozione, tralasciamo di fermarci sui fenomeni motori con cui sono ottenute le descritte reazioni. Le tassie hanno pei vegetali microscopici la stessa importanza che spetta ai tropismi delle piante fissate al substrato. Come in queste può avvenire che, sorpassando l’ intensità dello stimolo un certo valore, in Ria modo da dar luogo ad effetti nocivi, la tassia diventi negativa (apo- tassia; contrapposta a protassia, tassia positiva), e i microorganismi sono indotti a fuggire. Nelle chimotassie sembrerebbe che tutti i casì di apotassia consistano in fobismi, anche quando la tassia positiva è di natura topica (p. 181): l'eccitazione al movimento all'indietro vien pro- vocata con giungere ad una concentrazione troppo elevata; ed anzi in un certo numero di casi il composto agirebbe, non per le sue proprietà chimiche, ma osmoticamente, assorbendo acqua (osmotassia) (p. 181). Del resto, a somiglianza di quanto avviene in tropismi, si conoscono nume- rosi esempi di apotassie a cui non corrispondono tassie positive per intensità minori dell’ agente stimolante, il quale riesce sempre dannoso. Non è però da aspettarsi che i mierobii abbiano la capacità di preser- varsi in ogni caso da agenti nocivi. Così, secondo Pfeffer, il Bacterium Termo ed altri microorganismi entrano in capillari che contengono oltre a 0,02 °/, di cloruro potassico, eccellente chimotattico positivo, anche 0,01 °/, e perfino 0,05 °/, di sublimato corrosivo, sostanza quest’ ultima che non hanno occasione di incontrare in natura; benchè vi trovino tosto la morte (p. 183). La qualità della rispondenza tattica in certi casi può modificarsi col variare di condizioni interne od esterne, come per esempio sì può osser- vare in zoospore verdi, che coll’ età tendono a sfuggire la luce nelle loro stazioni naturali, portandosi al fondo dove si fissano, mentre nello stadio giovanile sciamano alla superficie (p. 183). Così pure una inversione della fototassia ha luogo in certe zoospore e anche in Flagellati a basse tem- perature; per esempio quelle di Haematococeus, mentre a 16-18° C. si raccolgono al margine della goccia volto alla finestra, se vengono esposte al freddo di 4° d’ ordinario quasi tutte passano all’ opposto (p. 184): anche questo comportarsi può essere utile all’organismo; ecc. Pochissimo ci è noto intorno alla localizzazione della sensibilità. En- gelmann (p. 184) ha dimostrato che nel fobismo dell’ Euglena, indotto da variazione nella luce, non è sensibile che la parte anteriore ialina del corpo. Con opportuno movimento dello specchio del microscopio, per esempio, faceva vagare il confine dell’ ombra sul corpo del Flagellato dallo indietro allo avanti; ed ebbe per risultato che non si dà la DESENE. reazione se non quando l’ ombra viene a colpire la detta porzione ialina. Ivi esiste, come è noto, una macula colorata (stigma), e si rite- neva che ad essa fosse dovuta la recezione dello stimolo; ma l’autore, sperimentando su individui molto grossi e a moto relativamente lento, ebbe modo di accertare che, nel muovere l’ Euglena dalla luce allo seuro, ha luogo la reazione prima che lo stigma entri in quest’ultimo. I flagelli del Chlamydomonas Pulvisculus sono sensibili a stimoli mec- canici (rispondenza fobica; p. 184). Oltre le tassie alle quali si è avuto occasione di accennare, si cono- scono geotassia, termotassia, galvanotassia, reotassia, idrotassia; queste due ultime in plasmodi di Myxomiceti. E ricordo in particolare che si collegano alle tassie, nei vegetali non dotati di locomozione, i moti d’ orientamento di cloroplasti di fronte alla luce; ed anzi è noto che i tabulari delle Mesocarpee, se questa è moderata, si dispongono normal- mente alle radiazioni: avremmo quindi diatassia. Sieno pure menzionati gli accumuli unilaterali del plasma e spostamento del nucleo che hanno luogo nelle cellule di tessuti in seguito ad azioni traumatiche, entro una piccola area intorno agli elementi colpiti, dalla parte di questi ultimi (p. 184). SVOLGIMENTI E BIBLIOGRAFIA !) L'azione degli stimoli come cause determinanti e la loro necessità per le funzioni di ogni organismo furono messe esaurientemente in evi- denza dal maestro della Fisiologia delle piante, MW. Pfeffer. Si veda la Planzcenphysiologie. *) Possiamo però avere in piante fisse al substrato proiezioni di parti che si distaccano, ma nelle quali non è in giuoco un processo d’irrita- zione; solo parrebbe entri in campo a proposito del movimento (serve al- l’impollinazione) dei pedicelli (stipes) portanti i pollinii nelle Orchidee esotiche Catasetum e affini, che vengono lanciati a una certa distanza, giacchè il fenomeno può ottenersi esercitando una debole azione mecca- nica in una parte notevolmente lontana dalla regione attiva, e non in grado di farsi sentire come tale su quest'ultima. Mi limito ad indicarli qui perchè non è ancora stata studiata la loro fisiologia. (Sì veda C. DAR- win - / diversi apparecchi col mezzo dei quali le Orchidee vengono fe- condate dagli insetti, Trad. di Canestrini e Moschen, p. 129; L. JosT - Vorlesungen iber Planzenphysiologie, 1908, p. 507; Haberlandt nel suo lavoro Sinnesorgane im Pflanzenreich [1906, 2.* ediz.) descrive particola- rità anatomiche che sarebbero in relazione colla percezione dello stimolo). 3) Estrema sensibilità in cirri di Sycios angulatus: W. PrEFFER - Zur Kenntniss der Kontaktreize - Unters. a. d. bot. Inst. 2. Tiibingen, I, 1885, p. 506. Naturalmente, come per la Drosera, deve aversi una condi zione di non immobilità affinchè si dia la stimolazione (p. 114). — 393 — * Estrema sensibilità a stimoli meccanici nella Drosera: 0. DaRrwIN - Le piante insettivore, Trad. di Canestrini e Succardo, 1878, p. 22. 5) Idem a stimoli chimici: C. Darwin - 2. e., p. 2/0. (Si tratta vera- 1 c. Ss mo)at o (a), mente di HAMICONI Sa guoton Gommenà indicato nella traduzione). °) Squisita sensibilità termonastica in foglie perigoniali di Crocus: W. PreFFER - Physiologische Untersuchungen, Leipzig, 1878, p. 183. ") Il Guttenberg (Juhr0. f. wiss. Bot., 1907, XLV, p. 221) ha mostrato che i cotiledoni eziolati di Avena sativa, i quali non si eurvano con una intensità luminosa di 0,0004 candele Hefner se verticali (sorgente costituita da una lampada elettrica al tantalio), sì inflettono notevol- mente alla luce di 0,000008 candele se in rotazione al clinostato in modo da equilibrarsi l’azione tropistica della gravità, non ostacolante più l’eliotropismo. Il Figdor ( Versuche diber die heliotropische Empfind- lichheit dev Pflanzen - Site. d. Ahad. d. Wissensch. in Wien, 1893, CLIL, Abt. I, p. 45), sperimentando su piantine eziolate pure immobili, con fiamme a gas, aveva riscontrato in alcune specie capacità di rispondenza eliotropica per intensità luminose inferiori a 0,0003 candele. (In quanto ai valori di gran lunga minori di quest’ultimo, ottenuti da O. Richter nelle stesse condizioni [S7tc. cit., 1906, CXV, Abt. I, p. 265], si devono all’aver riferito l’ unità di luce alla distanza di 1 cm anzichè di 1 m dalla sorgente unitaria; e avuto riguardo a ciò v'è accordo completo con valori di Figdor). E devesi ancora tener presente che nell’ eliotro- pismo sono principalmente attivi i raggi più rifrangenti. *) F. Czapek - UWatersuchungen iiber Geotropismus - Jahrb. f. rviss. Bot., 1895, XXVII, p. 305. Nel lavoro recentissimo del Bach: Weder die Abhéngigheit der geotropischen Prisentations- und Reaktionszeit von verschiedenen Aussenbedingungen - Jahvb. f. viss. Bot., 1907, XL1V, p. 80 sono indicati i risultati ottenuti da questo autore e da altri con forze centrifughe superiori a 0,001 g. — 34 — *) Come è noto, sì chiama « tempo di presentazione » la durata mi- nima d'azione dello stimolo richiesto affinchè si ottenga una curvatura chiaramente riconoscibile. « Tempo di reazione » è l'intervallo che de- corre fra l’inizio di una stimolazione e quello del movimento provocato. Pei tempi di presentazione geotropica si veda il lavoro del Bach ci- tato nella nota precedente (p. 63). A seconda dello svariato materiale su cui sperimentò possono essere di aleunl minuti primi (anche solo 2, frequentemente 3), altre volte alquanto di più e persino (ipocotili di Lupinus albus) 20-25’. La stimolazione aveva luogo nella posizione op- timum per l’azione tropistica della gravità, cioè l’orizzontale, al clino- stato; e trascorsa la durata voluta l’apparecchio veniva posto in movi- mento, in modo che la gravità non agisca più unilateralmente. Anche a Fitting (Jar. f. wiss. Bot., 1905, XLI, p. 862) dobbiamo alcune di queste determinazioni, con risultati i quali, tenendo conto dell’influenza che può esercitarvi una differenza di temperatura anche non forte, sono in accordo con quelli del Bach. Come si vede, quantunque inferiori ai valori che venivano accettati fino a questi ultimi tempi, riescono ancora note- voli, e devesi por mente che bisogna aumentarli per avere curve accentuate. Mancano dati precisi sui tempi di presentazione per l’eliotropismo, a proposito del quale si abbia anche presente che richiedesi un previo adat- tamento delle strutture irritabili al grado di luce agente, come fu ri- scontrato da E. Pringsheim (p. 49). Ri©uardo ai tempì di reazione sì veda a p. 76. D !°) La stimolazione geotropica intermittente fu posta in campo da vari autori e sperimentata a fondo da Frrrine (Untersuchungen iiber den geotropischen Reizvorgang, 1 e Il - Jahrb. f. miss. Bot., 1905, XLI, p. 221, 831). Questi ideò apposito apparecchio che si adatta fa- cilmente al clinostato di Pfeffer e permette di mantenere le piante, orien- tate normalmente all’ asse del detto elinostato, per il tempo voluto al- ternativamente in due posizioni diverse, per esempio l’ orizzontale di stimolazione e la verticale di non stimolazione, riuscendo possibile al momento opportuno far seguito al movimento intermittente, l’uniforme e viceversa (si veda la descrizione che ne dà l’autore nel lavoro citato, — 35 — I p. 233; un clinostato intermittente meno perfetto era già stato ado- perato da F. Darwin e Miss Pertz). Inoltre l’autore in altre esperienze imaginò di tener disposto l’asse del clinostato, non orizzontale, ma obli- quo. In questo modo, avendo cura che gli organi su cui si sperimenta riescano inclinati sull'asse così da descrivere nella rotazione un tronco di cono, si può farli passare (e quindi anche permanere) in due posi- zioni in alto e in basso disugualmente inclinate sull’ orizzonte, non esclusa l orizzontale e la verticale. E il Fitting ebbe appunto i risul- tati più notevoli (/. c. 2, p. 291) coll’asse obliquo; anzi non combinava nemmeno queste due ultime stazioni, ma l’ orizzontale con l’ inclina- zione di 45° rispetto all’ orizzonte, che corrisponde pure a una stimo- lazione, ma più debole, e nelle condizioni dell’ esperienza tendente a provocare inflessione in senso contrario; inoltre faceva marciare l’appa- recchio con moto continuo anzichè intermittente, il che riduce ancora l’ eccesso di stimolazione al quale è dovuta la curvatura, giacchè 1’ or- gano nel descrivere il tronco di cono intorno all'asse di rotazione, non permane che un istante nelle due posizioni estreme anzidette, ed entrano in giuoco principalmente gli stimoli agenti lungo le altre generatrici delle due metà superiore e inferiore della superficie conica descritta, le quali, diametralmente opposte, differiscono tra di loro meno che nelle estreme e tanto meno quanto più da esse lontane. Sperimentò in que- ste condizioni con durate di rotazione di 1°” su fusticini di varie specie (epicotili di Vicia Faba, Phaseolus multiflorus e ipocotili di Helianthus annuus) e su culmi di Hordeum (per questi ultimi si veda a p. 303), e anzi in taluni casi (Helianthus annuus) solo di */, di secondo, ottenendo notevoli curve geotropiche (negli esemplari più vicini all’ asse di rota- zione; negli altri si fa sentire l’azione della forza centrifuga). E si noti, bisogna ammettere che lo stimolo della gravità venga «isentito, non solo in seguito alla durata d'esposizione ad esso di circa !/, dei periodi di rotazione, ma per tempuscoli assai minori, modificando continuamente gli organi la propria orientazione nel descrivere il tronco di cono. In quanto alla durata di rotazione di 1”, */, di secondo, non pare potrebbe venir ridotta ancora notevolmente senza che si renda malagevole defi- nire i risultati a causa della forza centrifuga. (Esperienze su svariato — 36 — materiale aveva eseguito l’autore con velocità alquanto minori, per lo più con rotazione in 6’, ottenendo il medesimo risultato; e lo stesso senza dubbio avrebbe avuto luogo con movimento più rapido). Naturalmente è più facile operare con stimolazione intermittente nel- l’eliotropismo. Basta sperimentar a luce artificiale in camera a pareti e tavolo su cui stanno le piante anneriti, disponendo fra queste e la sor- gente, per esempio un disco (pure nero) con intagli diretti secondo i raggi, e al quale viene impresso un moto rotatorio (a mezzo di elettro- motore). E le singole durate di esposizione possono essere rese estrema- mente piccole, senza che sul materiale di studio vengano ad agire cause perturbatrici. Abbiamo le ricerche ancora più recenti di A. Nathansohn e E. Pringsheim (Veber die Summation intermittierender Lichtreize - Jahrb. f. wiss. Bot., 1907, XLV, p. 187), i quali sperimentarono su piantine (eziolate) di diverse specie (principalmente di Brassica Napus), riducendo le singole stimolazioni anche ad a di secondo, con gli stessi risultati di sommazione che per esposizioni assai più lunghe (si veda a p. 45). E devesi ricordare che già nella P/azzenphysiologie del Pfeffer (72, 1904, p. 621) è indicato come in grado di venir percepito il più breve lampo di luce. Parrebbe quasi non esista un limite infe- riore. S' intende esser necessario che nei singoli periodi la fase di non sti- molazione non sorpassi una certa durata di fronte a quella di stimo- lazione, perchè altrimenti gli effetti di questa potrebbero esaurirsi prima che intervenga la successiva, e non sarebbe possibile la sommazione. Per l’ eliotropismo il oppato kata fascdiiimolole ta sec: posi con risul- tato negativo deve riuscire assai piccolo, giacchè con 1:15 si avreb- bero ancora gli stessi effetti che per stimolazione continua della stessa durata effettiva; mancano esperienze per rapporti inferiori. Riguardo al geotropismo, secondo Fitting (vengono combinati insieme la posi- zione orizzontale con la verticale, e i periodi sono di 50” — 12°), ne- gli epicotili di Vicia Faba, Phaseolus multiflorus e negli ipocotili di Helianthus annuus (4. e. 27, p. 337) mancano sempre le inflessioni col rapporto 1:16, e l’autore ebbe ancora una earvatura assai debole con 1:11; verosimilmente il limite inferiore è 1:12. o 1:13. E potè rile- n a vare (7. c., p. 858) che negli epicotili di Vicia Faba, se non inferiore ad 1:5, oltrechè verificarsi la medesima intensità di reazione, sì dà an- che un uguale tempo di presentazione (p. 34) rispetto a piantine di controllo tenute ininterrottamente orizzontali (6-7°); il che permette- rebbe di concludere che le due stimolazioni si equivalgono realmente (nota !°). Abbassando il detto rapporto, oltrechè diminuire la curvatura provocata, cresce il ternmpo di presentazione: per 1:7 è di 7-8’, per 1:11, 12-15’ (nell'ultimo caso reazione debolissima). Una parte degli effetti delle singole stimolazioni si perde nelle successive pause. Risul- tati essenzialmente simili ebbe pure con gli ipocotili di Helianthus an- nuus. In altri casi deve aversi un rapporto considerevolmente più ele- vato affinchè sì ottengano ancora curve geotropiche. Negli epicotili e radici di Ervum Lens e nei fusticini di Sinapis alba e Sinapis arven- sis (7. c., p. 340) queste hanno sempre luogo per il rapporto 1 :2,5; se 1:3 in molte culture il risultato è negativo. 1!) Tratteremo della legge di Weber nel mondo vegetale, la quale stabilisce, come si è visto, che l’effetto di un aumento nell’ intensità dell'agente stimolante non dipende dal valore assoluto dell’ineremento, ma dal suo rapporto col primo valore, e precisamente, che questo rap- porto deve riuscire costante affinchè appena si manifesti il predetto ef- fetto. A pagina 48 sarà indicato un caso nel quale è stata verificata a proposito della relazione fra la durata della stimolazione e l’irritazione provocata. Gli studi sono stati compiuti nei tropismi facendo agire lo stimolo su opposti lati con differente intensità, e determinando il rapporto mi- nimo fra luna e l’altra per diversi valori della minore affinchè si ot- tenga una reazione (chiaramente percettibile). Abbiamo innanzi tutto le ricerche del Massart sull’ eliotropismo dei peduncoli sporangiferi di Phycomyces nitens (Za loi de Weber ccrifice pour l'he liotropisme d’ un champignon - Bull. de l'Acad. d. Science. d. Belgique, 3.8 Ser., 1888, XVI, p. 590). Questi, sviluppati in piecole culture, venivano dispo- sti in serie (in maniera però da non ombreggiarsi), e illuminati in op- posti sensi da una medesima sorgente (lampada a petrolio a doppia — 38 — corrente d’aria; costanza verificata con saggi fotometrici), che vi invia i raggi mediante due specchi (le culture sono ricoperte da una cassa ret- tangolare allungata, annerita all’interno, al disopra del mezzo della quale [0] sta la lampada, e le sue radiazioni giungono sui Phycomyces dalle due estremità aperte, ad uguale distanza dalle quali stanno gli specchi). Evidentemente il peduncolo di mezzo, situato sotto la lam- pada, ricevendo uguali quantità di luce da una banda e dall’altra, non deve curvarsi, e lo stesso potrebbe aver luogo per quelli più prossimi; gli altri si inflettono, quelli di destra verso destra e quelli di sinistra verso sinistra, perchè, più vicini agli specchi posti rispettivamente da queste parti, ricevono da essi luce in maggior copia. Indicando con 4 il cammino percorso dalle radiazioni per giungere dalla sorgente al Phycomyces di mezzo in 0 e con d la distanza da questo di altro che si ineurva, noi sappiamo dalla Fisica che le intensità della luce da cui viene colpito in opposti sensi quest’ ultimo stanno nel rapporto (ARA (a — d)° Il Massart, facendo variare il valore di a (con modificare la distanza dei due specchi dal punto 0), determinò in un buon numero di casi questo rapporto pei Phycomyces più vicini al mezzo che si curvano, prolaungando l'osservazione per 4 ore; e trovò che riesce sensibilmente co- stante (1,18). Però, protraendola ancora, si può osservare 1° inflessione anche in quelli prossimi ad 0; il che mostra la soglia di disecrimina- zione per l’ intensità luminosa è realmente minore del valore dato. E minore ancora apparirebbe al clinostato (asse orizzontale), perchè bisogna tener presente che nelle condizioni ordinarie il geotropismo si oppone al movimento eliotropico. E devesi por mente che nelle determinazioni del Massart sono in giuoco, almeno in parte, i tempi di reazione, e siccome dall’uguaglianza di questi non si può dedurre all’uguaglianza degli effetti irritanti provocati che entro certi limiti (si veda NATHAN- sonn e E. PrinasHEIM - Veber die Summation intermittierender Lichtreize - Jahrb. f. wiss. Bot., 1907, XLV, p. 146), i risultati riuscirebbero al- quanto meno significativi di quanto può apparire a prima vista. Nathansohn e E. Pringsheim (4. e., p. 162), facendo agire la luce in PeR RPS contrari sensi ebbero incurvamento in tutta la serie delle piantine di Brassica Napus su cuì sperimentarono, venendo indicata capacità a per- cepire l'aumento unilaterale di ‘/,,, nella luce ricevuta. Ma intercalando fra le sorgenti e i fusticini dei vetri affumicati identici, in modo da diminuirla nella stessa proporzione da una parte e dall’ altra, ne ve- niva ritardo ed affievolimento di reazione per le piantine più vicine al punto ove si uguagliano le due intensità luminose; il che non dovrebbe aver luogo se la misura di questa dipende solo dal rapporto fra le due stimolazioni opposte, e non anche dai valori assoluti. E gli au- tori inclinano a non ammettere la legge di Weber (pei processi reat- tivi); ma è da obbiettare che l’esposizione anteriore a luce forte potrebhe essere in grado di deprimere la sensibilità, ed altro risultato può atten- dersi cominciando prima a sperimentare con debole luce e intensifican- dola in seguito. Da quanto si esporrà nella nota !*) a proposito del geotropismo, si deduce indirettamente, come vedremo, che la legge di Weber deve applicarsi anche in riguardo all'intensità di questa stimolazione. E si potrebbe cercarne la verificazione sperimentale per valori dello stimolo inferiori a le g, disposte, per esempio piantine, sul clinostato intermittente ad asse inclinato, oblique su questo, con determinare i valori estremi degli angoli che le due posizioni in alto e in basso ove le piantine permangono alternativamente (a cui corrispondono induzioni in senso contrario) formano colla verticale per differenti inclinazioni dell’asse del- l’aparecchio, affinchè si ottenga ancora l’ inflessione geotropica (come è noto, se simmetriche rispetto all’orizzonte, gli effetti si equivarrebbero), e traducendo i valori angolari nei loro seni, giacchè, come vedremo a p. 165, le stimolazioni sarebbero dovute alla componente della gravità normale all'asse degli organi, quindi riescono proporzionali ai seni dei detti angoli (Fitting eseguì esperienze di questo genere; però col cli- nostato a movimento continuo: Zn/ersuchungen iiber den geotropischen Reicvorgang, I - Jahrb. f. iviss. Bot., 1905, XLI, p. 803, e non possiamo quindi servireene per questo scopo). Più complicate, ma non tecnicamente impossibili, riuscirebbero le ricerche per valori dello stimolo superiori ad 1g (forze centrifughe). RESS VOIR Miyoshi avrebbe verificato la legge per il chimotropismo di ife fun- gine e di budelli pollinici. Otteneva concentrazioni differenti del chimo- tropico ai due lati di questi filamenti, seminando le spore o i grani di polline sopra piccole lamelle di collodio con forellini nel mezzo, che in- cludeva fra due striscie di carta da filtro incrociate, nelle quali venivano mantenute debolissime correnti di soluzione della sostanza attiva (con affondarne un'estremità piegata nel liquido che sgocciola Lentamente al- l’altra estremità), la meno concentrata inzuppante la striscia superiore. Nei tubetti pollinici di Agapanthus umbellatus, adoperando saccarosio, gli risultò necessario per avere una deviazione il rapporto fra la con- centrazione delle due soluzioni 5:1, per valori differenti della più di- luita (M. Mrvosni - Veder Reizbewegungen der Pollensehliuche - Flora, 1894, LXXVILII, p. 81); e sperimentando sul micelio della Saprolegnia colla stessa sostanza, 10 :1 (ZVeder Chemotropismus der Pilze - Bot. Ztg., 1894, p. 20). Dai tropismi veniamo naturalmente alle tassie topiche, delle quali furono studiate sotto il punto di vista che ci occupa, ed estesamente, quelle dovute a stimoli chimici. Gli spermatozoidi topochimotattici sono contenuti in una goccia di soluzione del composto attivo, il quale viene ad essi offerto più concentrato in un capillare. Le ricerche relative di Pfeffer (Zocomotorische Richtungsbewegungen durch chemische Reize - Unters. a. d. bot. Instit. 2. Tiibingen, 1884, I p. 897) furono le prime istituite nel regno vegetale sulla legge di Weber. Egli trovò che a proposito degli spermatozoidi di Adiantum cuneatum, sia che la goccia ove stanno contenga 0,0005 °/,, 0,001 %, 0,01%, 0 0,05 °/ di acido malico neutralizzato, viene ottenuto un accumulo non indubbio solo quando il tenore della soluzione di questo composto attivo è nel ca- pillare 80 volte maggiore, cioè rispettivamente del 0,015 %/, 0,03 0 lo» 0,3%, 15% Per quelli di Salvinia natans Shibata riscontrò ne- cessario il rapporto 50:1 (Studien ber die Chemotawis der Salvinia- Spermatozoiden - Bot. Magaz., Tokyo, 1905, XIX, p. 40), e lo stesso di- casi per gli Equisetum (Suigara - Veder die Chemotawis der Sperma- tozoiden von Equisetum, Vorl. Mitteil. - Idem, p. 81), sempre relativa- mente allo stesso composto. Riguardo alla chimotassia di questi ul 0 1 timi anterozoidi verso gli alcaloidi, la detta proporzione è 30:1 (SgI- BATA - Weitere Mitteilung ber die Chemotaxis der Equisetum-Spermato- zoiden - Idem, p. 180). Gli spermatozoidi di Isoétes japonica invece, pure secondo Shibata, non reagiscono se non quando la concentrazione del capillare in malato è un 400 volte superiore rispetto alla goccia (Stu- dien ber die Chemotaris der Isoétes-Spermatozoiden - Juhrb. f. miss. Bot., 1905, XLI, p. 572); così pure di fronte agli acidi fumarico, succinico, tartrico il rapporto richiesto sarebbe 200-400 : 1 (Spata - /. c. dn Jahrd., p. 575). Da ricerche del Pfeffer sembra che la legge di Weber si ap- plichi anche agli spermatozoidi dei Muschi (Funaria), attratti da sacca- rosio; | anzidetto rapporto, non precisato, è inferiore a 50:1 (2 c., p. 452). E la legge di Weber vale anche a proposito delle chimotassie fobiche, nelle quali l’irritazione è dovuta, non già a stimolazione unilaterale, ma al passaggio da una certa concentrazione del chimotattico ad una infe- riore (per la rispondenza in senso positivo). E il rapporto minimo fra luna e l'altra richiesto per la reazione, è minore dei valori dati nelle topochimotassie. Esso fu riscontrato da Pfeffer per il Bacterium Termo a proposito dell’ estratto di carne 5:1; se 3:1 l'accumulo dei Bacteriì resta dubbio, ed è considerevole se 8-10 :1 (Vede cRemotaktische Beive- gungen von Bacterien, Flagellaten und Volvocineen - Unters. a. d. bot. Instit. <. Tibingen ,, IL, 1888, p. 633). E nello Spirillam rubrum fu sperimentato da Kniep pure 5:1 in riguardo al cloruro di potassio e al cloruro di ammonio (ZVn/ersuchungen tiber die Chemotaris von Bac- terien - Juhrb. f. wiss. Bot., 1906, XLIII, p. 241) e ai solfati di que- sti stesssi metalli (7. e., p. 242). Più elevato, 17:1, venne riconosciuto dallo stesso autore in una specie di Bacillus indeterminato relativamente all’azione dell’asparagina, costituente per esso un potente chimotattico (Lie Up. (297). I valori dati, come si è visto, hanno una certa latitudine, ed anzi a proposito delle chimotassie è a notarsi che i rapporti realmente attivi devono essere inferiori a quelli indicati, giacchè il chimotattico agisce sui microorganismi diffuso intorno all'imbocco del capillare, quindi più diluito; e sarebbe interessante studiare entro quali limiti alla co- ii A stanza dei valori dati corrisponde costanza dei rapporti effettivi. Ed è manifesto che, sia pure in minor grado lo stesso può dirsi (per il chi- motropismo. E che la legge di Weber debba verificarsi solo entro dati limiti di attività dello stimolo è indicato dal fatto che in un certo numero di irritazioni tropistiche, con aumentare l’ intensità della stimolazione oltre un certo valore, la rispondenza, anzichè crescere, diviene meno accen- tuata, e sì ha indi la reazione di segno contrario. Del resto non mancano numerosi esempi di deviazioni constatate. Così il Shibata (4. e. dn Jahrb., p. 574) riscontrò che il rapporto minimo 400 : 1 per gli spermatozoidi di Isoétes japonica verso malato neutro di sodio, che abbiamo visto, vale solo quando il contenuto della goccia in questo sale è 0,0001-0,00001 Mole (peso molecolare tradotto in grammi, disciolto in un litro d’acqua), mentre se 0,000001 Mole, riesce inferiore, 200-300 : 1 (la soglia per la reazione è 0,00005 Mole). Il Kniep (4. c., p. 247) rileva che il rapporto minimo 5:1, valevole, come si è detto, per la chimotassia dello Spirillum rubrum di fronte al cloruro di sodio, si eleva se si danno nella goccia concentrazioni molto basse, e scende invece per concentrazioni relativamente forti. Riguardo all’ osmotassia (fobismo‘, Massart (Sersibilite et adaptation des organismes à la concentration des solutions sulines - Archives de Biologie di Van Beneden et Van Baimbeke, 1859, 1X, p. 547), il quale aveva riscontrato che sullo Spirillum Undula contenuto in una goccia di cultura ordinaria, il cloruro di sodio in 0,05 Mole offerto nel capil- lare insieme a carbonato di potassio a 0,0005 Mole (eccellente chimo- tattico positivo) non permette accumulo che all'imbocco del capillare, appalesandosi che a proseguir oltre si oppone l’azione repellente del- l’osmotattico, ebbe lo stesso effetto quando, aumentando la quan- tità di NaCl, questo sale vien pure addizionato al liquido di cultura , date le seguenti proporzioni (il contenuto del capillare in K,CO, non varia) : — 3 — LO i Quantità di cloruro di sodio | Quantità contenute | . » . È | contenute nel capillare rispettivamente nella goccia 0,20 Mole 0,05 Mole | 0,25 | 0,06 0,40 | 0,09 E si vede che il rapporto fra il cloruro di sodio nel tubetto e nella goccia non resta sempre costante. E qui trova posto un caso tratto dalle nastie delle piante superiori. Il Correns, nelle sue esperienze sui movimenti d’ irritazione dei fila- menti staminali di Berberis evacuando sotto la campana della macchina pneumatica dove stanno i fiori (è attiva la sottrazione di ossigeno), de- terminò che si ottengono diminuendo la pressione a circa ‘/,, della nor- male; orbene se, dopo che in queste condizioni gli stami hanno ripreso la posizione di riposo, si procede a una ulteriore rarefazione, il movi mento ha luogo in generale prima che la pressione venga ridotta an- cora a !/,, della rimanente, per esempio già a !/,gj ( Veber die Abhéin- gigheit der Reizerscheinungen hoherer Phanzen von der Gegenivart freien Sauerstoffes - Flora, 1892, p. 107). E ritornando alle tassie, nella chimotassia negativa (probabilmente di natura fobica) degli spermatozoidi di Isoétes japonica verso 1’ acido cloridrico libero, Shibata (1. e. in Jahrb., p. 581) sperimentò che, aven- dosì nel capillare 0,002 Mole di questo acido mescolato al chimotattico positivo malato neutro di sodio (0,001 Mole), i detti spermatozoidi vengono respinti con uguale energia, sia che la goccia non contenga affatto acido o ne abbia 0,0001, 0,0002, 0,0005 Mole; il che è assai notevole, e fa sorgere qualche dubbio sull’ applicazione della legge di Weber. Che l’azione ripulsiva degli acidi liberi sugli spermatozoidi dei Pteridofiti cresca energicamente con aumentare la concentrazione, è provato del resto dal noto comportamento verso l’ acido malico, che di- luitissimo attrae come i malati neutri, ma con aumentarne il tenore rrovoca ripulsione, indicando che le qualità acide hanno preso il so- ? | ie pravvento sulle qualità chimotattiche positive, le quali si manifestano quando l’acidità è neutralizzata. La legge di Weber non si applicherebbe alle curve termonastiche dei cirri secondo le ricerche di Correns (Zur Physiologie der Ranken - Bot. Ztg., 1596, p. 6): più elevata è la temperatura iniziale e minore sembra l'aumento di calore necessario per provocare la reazione. Così in vitiechi di Sieyos che vengono immersi nell’ acqua tiepida, si hanno curve pei seguenti passaggi : Temperatura dell’aria Temperatura dell’acqua da 19° a 279,5 (eccesso 8°,5) » (219,5 » RIOAR(U MD) >» 220 » A901 a TA 0600) Il detto comportamento si spiegherebbe col fatto che, quando la tem- peratura dell’ambiente è più elevata, il cirro trovasi in condizione di più squisita sensibilità, e per conseguenza in grado di reagire a un minor stimolo. Questa considerazione deve ad ogni modo tenersi presente anche per le termotassie dei microorganismi, nelle quali Mendelssohn ha mostrato non ha luogo la legge di Weber (Quelgues considerations sur la nature et le role biologique de la ithermotazie - Journ. d. Physiol. et d. Patol. gen., 1902, IV, p. 491; sì vedano anche altri studi del medesimo autore pubblicati nello stesso volume, specialmente quanto è detto a p. 406). Come è noto, la legge di Weber si verifica nell'uomo a proposito delle relazioni fra gli stimoli e le sensazioni provocate, ed è ancora controverso se si può realmente attribuire la stessa misura (ben inteso entro certi li- miti) agli aumenti minimi di sensazione dovuti a inerementi dello stimolo nello stesso rapporto, cioè se crescendo gli stimoli in progressione geome- trica le sensazioni aumentano in progressione aritmetica (legge di Fechner; si veda per es. R. Tigerstedt - Lehrbuch der Physiologie des Menschen, IL, 1898, p. 78). Nelle piante ove sono da considerarsi fenomeni obbiettivi in seguito ai detti incrementi, la questione si presenta in maniera assai più accessibile, e si inclinerebbe a risolverla in senso affermativo, offrendo anche un certo contributo alla soluzione del problema nel mondo ani- male. Le eccitazioni (le sensazioni nell'uomo e negli animali si possono pensare facies subbiettive di fenomeni d’eccitazione) varierebbero secondo i logaritmi degli stimoli (come è noto questo corrisponde alla relazione di cui sopra), e operando due opposte stimolazioni tropistiche dello stesso agerte, la reazione risultante sarebbe dovuta al sottrarsi dei due ecci- tamenti contrari indotti, restando attiva la differenza; ipotesi verosimile, dal momento che, come si è esposto nello Studio d’insieme dei movimenti d’irritazione, se identiche le misure delle due stimolazioni, pare real- mente che il neutralizzarsi dei loro effetti sia dovuto, non alla ceom- binazione di due curvature uguali e contrarie, ma si compia già nel- l'eccitazione (ad un anello della catena di questi processi). In quanto alla proporzione fra i fenomeni d’eccitamento e i reattivi propriamente detti, non dobbiamo intenderla in un senso molto stretto, come appare dal fatto che in certi casi, entro dati limiti, ad eccitazioni disugual- mente intense possono corrispondere uguali intensità di reazione (p. 169; la Mimosa offrirebbe il caso estremo). E la relazione che abbiamo visto collo stimolo si verificherebbe con maggior approssimazione in riguardo ai processi d’eccitamento che non alle reazioni, anche perchè l'intensità di queste ultime può dipendere pure da altre circostanze, come sarebbero le condizioni di crescenza dell’organo, indipendentemente dallo stimolo. !*) Nell’ occhio umano, come è noto, se la luce agisce ad intermit- tenza, con periodo brevissimo, non superiore a un certo limite, si ha l'impressione della luce continua; e l’effetto provocato è pari a quello della frazione dell’ intensità luminosa intermittente che corrisponde al rapporto fra la durata della fase di stimolazione e quella del periodo, ageute in continuità. Entro certi limiti si equivalgono variazioni pro- porzionali nell’ intensità della stimolazione e nella sua durata. Le re- centissime ricerche di A. Nathansohn e E. Pringsheim ( Veder die Sum- mation intermittierender Lichtreize - Jahrb. f. wiss. Bot., 1907, XLV, p. 157) hanno provato che questo ha pure luogo nell’ eliotropismo, facendo essi agire su piantine disposte in serie da una parte luce conti- nua e dall'altra intermittente (p. 36), dovute a identica sorgente, e de- terminando col calcolo il punto della serie ove, verificandosi la legge di cui sopra, dovrebbero compensarsi i due effetti; il quale veniva realmente a coincidere col punto di separazione dei fusticini ineur- vantbisi verso l'una e verso l’altra lampada. Ad esempio si supponga che la stimolazione abbia luogo per '/, del periodo; essendo 1’ effetto come di una luce continua d’ intensità 4 volte minore, il detto punto dividerà la distanza fra la sorgente continua e la intermittente in due parti nel rapporto 2: 1 (come si sa, l'intensità luminosa varia in ra- gione inversa del quadrato delle distanze). Il rapporto fra le durate della fase di stimolazione e della successiva pausa può assumere valori assai piccoli; la legge fu verificata anche con 1:15 (2. e., p. 155; non esistono esperienze per rapporti minori). Bisogna però che i pe- riodi non sieno troppo lunghi: nelle esperienze degli anzidetti autori su piantine (Brassica Napus), l’effetto della luce ad intermitenza riesce già indubbiamente inferiore a quanto sarebbe da aspettarsi, per 4’ !/, (fase di illuminazione 1’ !/,), e per 10° (fase di illuminazione 2° '/,) come se l'intensità luminosa fosse ridotta 1,3 volte minore (2 c., p. 160); e le deviazioni crescono considerevolmente per valori maggiori. Si vede che entra in campo la lunghezza assoluta della fase di non stimolazione. D'altra parte è notevolissimo il fatto che per luce debole la durata li- mite del periodo può accrescersi molto. Così se si interpongono vetri affumicati fra le piantine e la sorgente, in modo da ridurla ad !/,, del- l'intensità luminosa alla quale si riferiscono i risultati indicati sopra, la legge ha luogo anche per periodi di 45° ('/, luce e */, oscurità). Non abbiamo esperienze di raffronto fra gli effetti di variazioni nell’ inten- sità della luce e nella durata d'azione se questa è sempre continua, ma non v' ha dubbio che, entro i limiti che abbiamo visto, la stimolazione ininterrotta equivale alla intermittente per la stessa durata effettiva. In base a risultati ottenuti da Fitting (Urtersuchungen ber den geo- tropischen Reizvorgang, - Juhrb. f. wiss. Bot., 1905, XLI, p. 273) e Bach (Veber die Abhingigheit der geotropischen Prisentations- und Ieaktionszeit von verschiedenen Aussenbedingungen - Idem, 1907, XLIV, p. 86) possiamo ritenere che anche per il geotropismo si equivalgono aumenti proporzionali nell’ intensità e nella durata della stimolazione. SI i In esperienze di Fitting nelle quali l’autore irritava ad intermittenza col suo celinostato fusticini, alternativamente in senso contrario nella posizione orizzontale e in una inclinata (a 120°, 135°, 150°, 165°, dalla normale di equilibrio); cercando per tentativi le diverse durate di sti- molazione nelle due stazioni affinchè le induzioni uguaglino i loro effetti, cioè essendo contrarie non si manifesti curvatura (se agissero per tempi uguali, come è noto, questa avrebbe luogo); si ebbe per ri- sultato che le dette durate riescono inversamente proporzionali ai seni degli angoli di deviazione dalla verticale, come si scorge dal seguente prospetto che sì riferisce agli epicotili di Vicia Faba. Angoli che le posizioni di stimolazione combinate for- mano colla stazione verti- silermormale: >». . 0, . 120-900 135-900 150-90° 165-90° Rapporti dei seni dei detti Ri escl i 7/5 Ozio Gol 0,26: 1 Rapporti delle durate di ee induzione nelle dette sta- zioni pei quali non hanno luogo curve geotropiche 1: 0,87 1: 0,71 1:0,5 1: 0,20 (siccome le stimolazioni geotropiche nelle posizioni sopra e sotto I’ oriz- zonte ad angoli uguali rispetto a questo si equivalgono (p. 163), è come se le combinazioni fossero 60-90°, 45-90°, 30-90°, 15-90°). Appariscono deviazioni solo quando i due valori accoppiati diffe riscono considerevolmente. Numerose ricerche compì altresì sugli epicotili di Phaseolus multi- florus e sugli ipocotili di Helianthus annuus; però colla sola combina- zione della stazione a 135° dalla normale e dell’orizzontale: il rapporto dei tempi risulta pure 1:0,71. L’ ottenere gli stessi effetti con com- binare le durate delle stimolazioni opposte in modo che riescano inver- samente proporzionali ai seni degli angoli di deviazione dalla verticale, mostra che compete lo stesso effetto ad aumenti nel medesimo rapporto cala dell’uno o dell’ altro dei due elementi. E dal momento che, come ve- dremo (pag. 165) si è condotti a ritenere essere le intensità degli sti- moli geotropici alle varie inclinazioni proporzionali appunto ai seni degli angoli di deviazione dalla verticale, riusciamo alla proposizione enunciata (almeno entro certi limiti). Il Bach determinò ì tempi di presentazione (p. 34) per forze cen- trifughe varie che, come è noto, costituiscono stimoli della stessa natura dei geotropici (epicotili di Vicia Faba): la tabella seguente indica i valori trovati per forze superiori a 1 g. Forze centrifughe Tempi di presentazione eee 8° 1,2—- 2,3 45° 2,5— 3,5 3° 3,7— 6,8 2 84—- 12,9 ih 18,1 — 20, 7 8 22, d''— 198,6 510% Tenuto conto che Je ricerche non furono tutte effettuate ad una tem- peratura costante, ma variabile fra 19 e 25° C., mentre sappiamo dallo stesso autore che entro questi limiti il tempo di presentazione può mo- dificarsi notevolmente (/. c., p. 69); si deduce che anche per valori dello stimolo superiori a 1 g può verificarsi la legge (almeno con notevole approssimazione). Per le esperienze con forze centrifughe inferiori a 1 gsi veda a p. 166. Il Fitting per gli effetti del tempo di stimolazione geotropica ha verificato la legge di Weber (2 c., p. 82/3). Epicotili di Vicia Faba venivano tenuti orizzontali, volgendo alternativamente alla terra un lato e l’opposto, a mezzo del clinostato intermittente; e gli risultò che comunque sieno i periodi di esposizione allo stimolo, di 18°, 6°, 3°, 25”, l'eccesso della durata d’ azione di questo in un senso richiesto affinchè appena appena si ottenga una curvatura, è di circa '/,, del tempo di stimolazione opposta. Alquanto inferiove riuscirebbe il rapporto per gli — da ipocotili di Helianthus annuus, alquanto superiore per gli epicotili di Phaseolus multiflorus. Se si equivalgono aumenti proporzionali nella durata e nell’ inten- sità della stimolazione geotropica, ne consegue che, verificandosi la legge di Weber riguardo al primo dei due elementi, deve aver luogo anche per il secondo, con riuscire inoltre identici i poteri discriminativi. 1?) Si consulti E. Prinasagim - £izfluss der Beleuchtung auf die heliotropische Stimmung - Beitr. 2. Biol. d. Pflanzen, IX, 1907, p. 263 . Il tempo di presentazione (p. 34) per un dato grado di luce riuscirebbe quindi minimo se l'organo rimase anteriormente ad essa esposto per un certo tempo (non in grado di agire tropisticamente; facendo ruotare la pianta al clinostato). A somiglianza dell’ occhio, nel passaggio dal- l'oscurità a debole luce non v' ha perdita di tempo in accomodamento. !*) Per questi prolungamenti plasmatici, descritti in prima da Pfeffer: PreeFEr - Zur Kenntniss der Kontaktreize - Unters. a. d. bot. Inst. è. Vii- bingen, 1, 1885, p. 524; G. HaBERLANDT - Stanesorgune im Pflanzenreich - Leipzig, 1906, 2.* ediz.; A. Borzì - Anatomia dell'apparato senso-motore dei civri delle Cucurbitacee - Contrib. a. Biol. veget., III, 1902, p. 187 . Haberlandt descrisse una serie di strutture in altri organi (prolun- gamenti plasmatici come nei cirri; particolari papille cellulari, peli, setole) che agevolerebbero l’azione di stimoli meccanici sul plasma sen- sibile; ed altre osservazioni ci fisseranno definitivamente intorno alla mag- giore o minor importanza che loro compete nei singoli casi (si veda K. LinsBauER - Site. d. Akad. d. Wissensch. in Wien, 1905, CXIV, Abt. 1, p. S14 e K. Linssaver - /dem, 1906, CXV, I Abt., p. 1751). Lo stesso Haberlandt, è noto, ha tratto in campo recentemente (Die Lichtsinnesorgane der Laubblitter, Leipzig, 1905) come aventi una fun- zione diottrica nell’ eliotropismo del lembo fogliare, orientantesi normal- mente alle radiazioni (p. 162), certe particolarità dell’ epidermide nella pagina superiore. Le pareti esterne delle sue cellule assai frequente- mente sono convesse, e anche più o meno papillose; in modo cho la luce la quale ad essa giunge, avendo il succo un indice di rifrazione conside- sal revolmente più forte che non l’ aria, subisce una condensazione; e un’ area luminosa si proietta nel mezzo di ciascuna parete interna, come può anche verificarsi direttamente al microscopio. Si tolga un piccolo tratto di epidermide dalla pagina superiore, e si applichi colla superficie che si univa al tessuto sottostante, ad un coprioggetti alquanto inumidito, che sì rovescia sopra una piccola camera umida. E se, portata al mi- croscopio, si abbassa il diaframma, ad apertura molto stretta, in modo da ottenere un approssimativo parallelismo dei raggi del fascio che giungono normalmente dallo specchio al preparato; mettendo a fuoco il tubo sulle pareti epidermiche interne, si scorge appunto un campo luminoso più o meno esteso nel mezzo di ognuna, e tutto intorno v' ha regione oscura. Questa distribuzione della luce sul plasma addossato alle detti pareti interne non provocherebbe irritazione eliotropica. Se invece le radiazioni, anzichè giungere normalmente alla superficie della lamina vi arrivano oblique, la distribuzione della luce e della oscurità, come si può pure constatare al microscopio, da centrica diviene eccentrica: la zona luminosa è spostata da una parte dove prima eravi ombra, la quale invade il tratto occupato innanzi dalla chiarezza; e questo si tradurrebbe in una stimolazione avente per effetto di condurre la foglia nella posizione diaeliotropica. Le papille possono essere coniche, e in tal caso la porzione terminale arrotondata funziona da condensatore in ma- niera più accentuata; e la luce che cade sulla rimanente superficie di questi rilievi dà luogo sulla parete interna epidermica, tutto intorno al piccolo tratto luminoso di cui sopra, ad una zona alquanto più chiara della porzione periferica. Le papille talvolta sono formate solo a spese della regione centrale delle pareti esteriori; lenti condensatrici possono risultare da particolarità in seno alle dette membrane; in certi casi si incontranò quà e là grosse papille, alla sommità delle quali è indivi- dualizzata una piccola cellula a guisa di lente molfo convergente; ecc. Ove le pareti esterne son piane, la distribuzione della luce più intensa al centro delle interne nell’ atteggiamento diaeliotropico, potrebbe essere permessa dalla curva di queste ultime, che verso il mezzo ricevono le radiazioni in senso ad esse normali e tutto intorno obliquamente; mentre se i raggi giungono inclinati sull’ epidermide la maggior illuminazione si sposta da un lato. so li, a Anche altri si occuparono di illustrare numerosi esempi di queste strutture (H. GurrENBERG - Die Zichtsinnesorgane der. Laubblitter von Adora muschatellina und Cynocrambe prostrata - Ber. d. deutsch. bot. Gesellsch.. 1905, p. 265; A. SperLicHa - Die. optischen Verhiltnisse in der oberscitigen Blattepidermis tropischer Gelenkpflanzen - Site. d. Ahad. d. Wissensch. in Wien, 1907; CX VI, Abt. I, p. 675; F. SEEFRIED - Ueber die Lichtsinneorgane der Laubbliitter einheimischer Schatten- pianzen - Idem, p. 1311). E il Gaulhofer (Die Perzeption der Licht- richrung im Laubblatte mit Hilfe von Randtipfel, Randspalten und der mwindschiefen Radialwinde - Idem., 1908, CXVII, p. 153) sì rivolse a casì nei quali tanto la parete esterna quanto l’interna delle cellule epi- dermiche son piane, mettendo in evidenza che l’ obliquità deile radiali, la presenza di punteggiature, di un infossamento, tutto intorno all’esteriore con direzione pure obliqua, sono in grado, occasionando riflessione to- tale nel passaggio delle radiazioni dalla sostanza della membrana al contenuto cellulare confinante meno rifrangente, di provocare sulle pa- reti interne una distribuzione della luce come in seguito aile strutture descritte sopra. Però furono addotti risultati assai gravi contro questa funzione diottrica è servigio dell’ eliotropismo. Il Kniep ( Veder die Lichtperception der Laubbliitter - Biol. Centralbl., 1907, p. 99) provò a spalmare la faccia superiore di lamine fogliari con un liquido più rinfrangente del succo cellulare, l’ olio di paraffina (a cui era sovrapposta una sottile foglia di mica o carta velina), il quale, potè verificare direttamente al microscopio col metodo indicato sopra, dà luogo sulle pareti interne epidermiche a una distribuzione inversa della luce rispetto a quanto avviene se questa arriva al tessuto dall’ aria (si veda per la spiegazione HaBERLANDT - Die Bedeutung der papillisen Laubblattepidermis fiir die Lichtperception - Biol. Centralbl., 1907, p. 292). Orbene, anche in queste condizioni, avendo cura di sottrarre alla luce il picciolo, constatò che le foglie erano in grado di orientarsi eliotropicamente; il che fu anche confermato dallo stesso Haberlandt (2 c., 1907, p. 298). Questi però non ne ricava argomento contro la sua teoria, ma la modifica nel senso che l’ essenziale perchè abbiasi la stimolazione conducente all’ atteggia- mento diaeliotropico consista in una distribuzione eccentrica della luce ed ombra, sia che questa circondi quella, o viceversa. Haberlandt si fa- ceva forte di esperienze sue nelle quali foglie bagnate con acqua non si orientano eliotropicamente: la rifrangenza del succo cellulare uguaglia all’ incirca quella dell’acqua, e quindi la funzione diottrica delle strutture descritte non può esplicarsi. Le foglie, ben inteso col picciolo oscurato, stavano sommerse nel liquido (Humulus Lupulus, Ostrya vulgaris, Be- gonia discolor, Tropaeolum majus: 7. e. 1905, p. 88), oppure non teneva bagnata che la pagina superiore (applicandovi pure una sottile foglia di mica o carta velina, in Begonia semperflorens, Begonia discolor: Fin experimenteller Bemweis fiir die Bedeutung der papillosen Laubblatt- epidermis als Lichtsinnesorgan - Ber. d. deutsch. bot. Gesellsch., 1906, p.:362 e I. c. 1907, p. 296, 299). Ma con altre esperienze Gius (Veber den Einfluss submerser Kultur auf Heliotropismus und five Lichtlage - Site. d. Akad. d. Wissensch. in Wien, 1907, CXVI, Abt. I, p. 1622) e Albrecht (Veber die Perzeption der Lichtrichtung in den Laubblittern - Ber. d. deutsch. bot. Gesellsch., 1908, p. 186) mostra- rono che anche in queste condizioni le foglie sono capaci di reagire normalmente allo stimolo della luce; il che era del resto da aspet- tarsi, giacchè non raramente trovansi bagnate in natura: nelle espe- rienze del primo erano immerse nell’ acqua (Ludwigia Mullertii, Ly- simachia Nummularia, Ficus barbata, Ficus stipulata, Glechoma hede- racea); in quelle dell’ Albrecht veniva bagnata solo la pagina superiore (con farvi cadere ad intermittenza una goccia d’acqua da un ca- pillare, e non usando del rivestimento di carta velina che solo qua e là: Begonia semperflorens). E Nordhausen (Veber die Bedeutung der papillisen Epidermis als Organ fiir die Lichiperception des Laubblattes - Ber. d. deutsch. bot. Gesellsch., 1907, p. 398) ottenne pure l’ orien- tamento di fronte alla luce in foglie colla pagina superiore rive- stita di un sottile strato di gelatina (al 5-12 9/0) mantenuta umida, avente un indice di rifrazione ancora più vicino a quello del succo cellulare che con l’acqua pura (per la detta gelatina al 5°/ 1,341, al 10 °/o 1,347: per l’acqua 1,333; per l’ olio di paraffina 1,476) ; e tenendo, ben inteso, accuratamente allo scuro i piccioli (Begonia semperflorens, E e B. Schmidtiana, Humulus Lupulus, Ostrya carpinifolia, Tropaeolum majus, Fittonia Verschaffeltii, Impatiens Mariannae; vi sono comprese le specie su cui sperimentò Haberlandt). Del resto come quando la su- perficie esterna epidermica è in contatto coll’acqua, l’ esame mierosco- pico alla maniera già descritta, non permette di riconoscere la funzione diottrica. E si noti che non può trarsi in campo nella percezione la cur- vatura delle pareti interne dell’epidermide, come Haberlandt vorrebbe a proposito del Tropaeolum majus, nel quale egli stesso (4. e. 7097, p. 299), a differenza delle altre specie, con tener bagnata la pagina superiore (e privato della luce il picciolo) potè constatare un debole movimento eliotropico, giacchè in un certo numero delle specie indicate sopra (al- meno in Begonia semperflorens, B. Schmidtiana, Humulus Lupulus, Ostrya carpinifolia) incurvamenti della detta membrana, o non esistono affatto, o sì esigue da non poter avere importanza sotto il punto di vi- sta che ci occupa. I risultati contrari ottenuti da Haberlandt potreb- bero spiegarsi con condizioni sfavorevoli nelle quali possono venire a trovarsi foglie immerse nell’acqua (nelle esperienze del Gius foglie di Tradescantia viridis sommerse si comportano in modo anormale: 2. c., p. 1637); e nei casi in cui questa è a contatto solo colla superficie superiore, potrebbe concorrervi per esempio la diminuzione della luce dovuta alla riflessione, causata dal rivestimento di carta velina o sotti- lissima foglia di mica usati (inoltre la carta velina bagnata non è asso- lutamente trasparente), ece. (È il caso di far entrare in campo, unitamente al plasma addossato alla parete interna epidermica, in grado di va- lersi delle attitudini diottriche di queste cellule, anche quello delle pa- reti esteriori, illuminate non uniformemente per effetto della propria curvatura, come già si è accennato a proposito delle interiori ?) In quanto all’amido statolitico di Haberlandt e Nèmec che entrerebbe in giuoco nella stimolazione geotropica, si veda a p. 141. (©) D ’ 1°) Esamineremo ora quanto si conosce intorno alla trasmissione del- l'impulso motore (attribuendo a questa espressione il significato di fe- nomeno determinante) nella Mimosa pudica in seguito a ferite, brucia- ture, ecc., e nei casi che ad essa si collegano, accennando in ultimo al propagarsi di una vera eccitazione (in nastie). I tagli praticati nelle parti non irritabili della Mimosa, cioè non nella metà dei cuscinetti che diviene concava durante il movimento (sensibile ad un lieve urto: è l’ inferiore nei primari, la superiore nei terziari), per provocarlo devono essere abbastanza profondi da intaccare i fasci vasali. Un effetto ancora relativamente debole sì ottiene tagliando a mezzo di una forbicina con precauzione, in modo da non dar luogo a scuotimenti, una fogliolina terminale: esso si estende a tutta quanta la foglia (e in condizioni favorevoli può propagarsi ad altre). Comincia a reagire la detta fogliolina, e successivamente si mettono in moto in senso basipeto le altre della pinnula, e l’ irritazione giunge anche al cuscinetto primario e alle foglioline delle altre rachidi (basifuga), com- presi i pulvini secondari. (Il reclinarsi del picciolo primario spesso av- viene subito dopo che si son chiuse le foglioline della prima pinnula; noterò per esempio che talvolta foglioline vengono saltate e si rialzano in seguito, dopo che hanno compiuto il movimento un certo numero delle successive, e a spiegare il fatto possono entrare in campo condi- zioni particolari delle vie conduttrici fra la rachide e i cuscinetti , o minor sensibilità di questi ultimi). Il movimento giunge più lontano operando recisione di piecioli secondari, primari , cauli, e più energiche ancora riescono ustioni a mezzo dell’acqua bollente o del fuoco (con fiammiferi, lenti che vi concentrano i raggi solari): ustionando un breve tratto di picciolo primario o di un ramo, il moto può estendersi, non solo a tutte le foglie della pianta, che reclinano successivamente , ma altresì a tutte le loro foglioline (con recisione anche di cauli non è possibile ottenere quest’ultimo effetto). Per avere buoni risultati la temperatura deve essere abbastanza elevata, la luce moderata, e la pianta deve trovarsi in buon stato di turgescenza. (Si veda per quanto pre- cede: W. PrerFER - Veder Portpfaneung des Reices bei Mimosa pudica- Jahrb. f. wiss. Bot., 1873-74, IX, p. 308; H. Firrina - Weitere Unter- suchungen — 102 — Uecher den Finfluss von Temperatur und Aetherdampf auf die Lage der Laubbliitter, Borna-Leipzig, 1905, p. 57). La concentrazione del narco- tico che provoca l’anestesi sismonastica è quindi meno elevata che non per la fotonastia. Pei movimenti fotonastici in altre specie ricaviamo da Elfving (/. e., p. 18) che foglie di Acacia lophanta esposte ai va- pori di etere o di cloroformio, coll’ oscuramento non assumono la po- sizione di notte, ma rimangono distese; da Paoletti (Sui movimenti delle foglie nella Porlieria hygrometrica - Nuovo Giorn. bot. Ital., 1892, XXV, p. 79) che con vapori di etere è possibile sospenderli, almeno parzialmente, nella Porlieria hygrometra; e il Kosanin recentemente, (Z. c., p. 61), oltrechè nella Mimosa pudica, descrisse considerevole ri- duzione o anche soppressione dei movimenti dovuti all’ alternarsi del giorno e della notte usando pure i vapori di etere, nelle foglie di Se- curigera Coronilla, Trifolium pratense, T. ochroleucum, Phaseolus mul- tiflorus, Oxalis Acetosella, Tropaeolum majus, Anoda Wrightii. Le due ultime specie compiono i moti con fenomeni di erescenza, mentre in tutte le altre, come è noto, sono in giuoco variazioni del turgore. (L'autore non dà indicazioni sul modo di comportarsi delle foglie in se- guito, dopo un notevole intervallo dacchè vennero allontanate dall’etere, se non per Tropaeolam e Anoda, nelle quali specie non sarebbe risultato danno permanente; nelle esperienze del Paoletti citate le foglie non per- dettero durabilmente la facoltà di compiere i moti nietinastici). Il Tassi ( FL. Tassi - Degli effetti anestetici del cloridrato di cocaina sui fiori di alcune piante, Siena, 1885 - Estr. dal Bollett. d. Soc. fra i Cult. di Sc. Mediche ; Dell’ anestesia e dell’ avvelenamento nei vegetali - Nuovo Giorn. bot. Ital., 1887, XIX, p. 58; Degli effetti anestetici del- V ipnone e della paraldeide sui fiori di alcune piante, Siena, 1887 - Estr. pure dal Bollett. c. s.) eseguì numerose esperienze d’ azione dei narco- tici, come cloroformio, etere, cloralio, ipnone, cloridrato di cocaina, ecc. (per le sostanze non volatili i peduncoli o rametti fioriferi venivano im- mersì nelle soluzioni) sui movimenti di apertura e di chiusura di fiori (almeno per una gran parte dovuti agli stimoli della luce o del calore), per es. di Nymphaea, Oxalis, Anemone coronaria, Ficaria ranunculoides, Eranthis hyemalis, ece., riuscendo a sopprimerli. Però mancano in ge- — 103 — nerale ricerche tendenti a verificare essere i detti effetti per determinate dosi solo transitori; in un certo numero di casi sì rileva che i fiori ebbero a soffrirne anche in seguito. Sull’azione degli anestetici nei tropismi, che, come faptotrovismo micerdato e una parte delle fotonastie, si compiono in generale con fenomeni di accrescimento, possediamo dati limitati. È da aspettarsi che, almeno in un certo numero di casi, la dose anestetizzante non coincida aon quella necessaria a sospendere la erescenza. Lo Schellenberg (Untersuchungen iiber den Einfluss der Salze auf die Wachsthumsrici- tung der Wurzeln, cuntichst an der Erbsemwurzel - Flora, 1906, p. 498) verificò questo fatto per il galvanotropismo delle radicule di Pisum: il tropismo non ha luogo aggiungendo al liquido (che contiene 0,1 0 0,05 °/,, di KCI) 20° di acqua di celoroformio (cioè della soluzione satura), quantungne mostrino ancora accrescimento. Ma potrebbe veri- ficarsi il caso inverso, cioè arresto della crescenza prima che venga sop- pressa la capacità all’ eccitazione: allontanando a tempo le piante dal narcotico, e impedite nuove stimolazioni, sarebbe possibile ottenere la curva tropistica. Steyer (Reiskrimmungen bei Phycomyces nitens, Pegau, 1901, p. 7) ebbe a riscontrarlo nei peduncoli sporangiferi pi Phycomyces. Posta la coltura sotto una campana ove è una vaschetta con acqua di etere al 3 !/, °/, cessa tosto la crescenza, e naturalmente non si osservano curve eliotropiche se illuminati da una parte; ma queste hanno luogo chiaramente levando i Phycomyces dopo mezz’ ora dal narcotico, e tenen- doli in condizioni favorevoli allo scuro. Allo stesso modo agisce l’ etere di fronte al geotropismo del Phycomyces. Il Burgerstein (Veber die Wirkung antisthesierender Substanzen auf einige Lebenserscheinungen der Pflunzen - Verhandl. d. zool. - bot. (resellsch. in Wien, 1906, p. 259; così risulta anche da spiegazioni che l’autore gentilmente mì ha fornito per lettera) sperimentò pure che in ipocotili esposti all’ induzione geotropica in atmosfera con vapori di cloroformio, non avviene la curvatura verso l'alto, e nemmeno |’ acerescimento, i quali fenomeni si compiono (senza nuova stimolazione) se dopo mezz’ ora vengono ad esso sottratti. Non è però escluso, almeno in questo secondo caso, che sia in giuoco solo l’ in- duzione stabilitasi al principio, quando il narcotico non ancora ha fatto — 104 — sentire una considerevole azione sulla crescenza (come è noto i tempi di presentazione sono relativamente brevi : p. 34). Che l’eccitazione geotropica possa conservarsi anche durante la narcosi dell’ accrescimento è mostrato da esperienze di Correns (7. c., p. 184), nelle quali piantine di Helianthus annuus orizzontali venivano immerse in acqua di eloroformio diluita (all’11 %), quando a mezzo del microscopio orizzontale si riconosceva cominciata l'erezione, col risultato che il movimento procede subito ancora per qualche tempo rallentando, poi cessa: orbene se le piantine si tolgono via e si lavano con cura, tenute indi verticali, riprendono a curvarsi. Se il cloroformio ha agito più a lungo, non si ottiene ulte- riormente l’inflessione; la crescenza si riattiva solo molto più tardi, e l'eccitazione avrebbe anche il tempo di esaurirsi. (Pure a Czapek sarebbe risultato sotto l’azione del cloroformio, ece. abolizione di una visibile ri- spondenza geotropica in radichette, senza che venga sospesa completa- mente la capacità all’eccitazione: Weitere Beitréige cur Kenntniss der geotropischen Reicbemegungen - Jahrb. f. wiss. Bot., 1898, XXXII, p. 199). Ricorderò che Fitting in recentissime esperienze rilevò una depres- sione della facoltà di trasmettere l’ eccitazione eliotropica lungo i coti- ledoni delle piantine di Avena sativa (illuminati solo all’ apice), ba- gnati con acqua di cloroformio al 25 ° (per un breve tratto, serven- dosi di opportuno dispositivo: H. FirrINnG - Die Zeitung tropistischer Reize in parallelotropen Pflanzenteilen-Jahrb. f. wiss. Bot., 1907, XALIV, p. 226). Sia in ultimo accennato che a giudicare i dati esposti devesi tener conto anche della maggiore o minor facilità di penetrazione dei narco- tici nell'interno dei tessuti (dalle vie conduttrici al tessuto sensibile- motore, se rametti, ecc. vengono immersi nella soluzione dell’ anestetico ; ma questo mezzo non sembra da consigliarsi in generale; se il com- posto attraversa con difficoltà 1’ epidermide, si potrebbe, quando non ne derivano inconvenienti, asportarla parzialmente). È anche il caso di menzionare che, come negli animali, riesce. pos- sibile nelle piante ottenere in certi casi effetti eccitanti da parte di sostanze narcotiche (a debole concentrazione), sotto forma per esempio di accelerazione della crescenza (si veda il lavoro di Burgerstein già citato, p. 256), di anticipo nello svolgersi delle gemme (W. JOHANNSEN — 105 — - Das Acether-Verfahren beim Friihtreiben - Jena, 1906 [2.* ediz.]); fra i microorganismi il Chlamydomonas Pulviseulus, trattato con acqua di etere al 20 °/,, pare aumenti la propria sensibilità alla luce (RorHERT - L c., p. 66). Notevolissimo è il fatto descritto da Kosanin (/. c., p. 60) che foglie di Mimosa, rese insensibili sismonasticamente con oscurità pro- lungata (7 giorni), possono riacquistare alquanta irritabilità ad urti in atmosfera contenente etere. E può ancora osservarsi in un certo numero di casi azione di questi composti come veri stimoli: per le piante supe- riori si veda a p. 120, 121, 122; fra i microorganismi si conoscono due schizomiceti che vengono adescati da soluzioni deboli di etere (RormERT - Beobachtungen und Betrachtungen iiber tactische Reiverscheinungen - Flora, 1901, LXXXVIII, p. 380. In qualche specie risulterebbe che il cloroformio inverte la qualità della rispondenza eliotattica: RorHERT - Lc. pr 42). 84) A proposito dei perigoni di Crocus e Tulipa, che rispondono con un movimento di chiusura se la temperatura viene a superare un certo limite, mentre esposti ad un aumento moderato di calore, come è noto, si aprono se chiusi, si veda Prerrer - Physiologische Untersuchungen - Leipzig, 1873, p. 190. Lo stesso ha luogo in certe foglie nictinastiche, che a luce molto intensa (insolazione), anzichè rimaner distese, tendono ad assumere la posizione notturna, invertendosi quindi il senso del mo- vimento, come avviene per esempio nell’Oxalis Acetosella (foglioline reclinantisi: si consulti Prerrer - Die periodischen Bewegungen der Blattorgane - Leipzig, 1875, p. 59). In altri casi, come nella Robinia Pseudacacia, il movimento continuerebbe nello stesso senso che col pas- saggio dall’oscurità alla luce, e la posizione a luce diffusa (foliole di- stese) verrebbe oltrepassata con tendere le foglioline a chiudersi, ma in senso inverso che alla sera, quindi sollevandosi anzichè rPeclinandosi ; però devesi avvertire che le esperienze a luce intensa offrono difficoltà in quanto hanno luogo particolari fenomeni eliotropici, che non si manifesterebbero, aimeno così energicamente, nell’ Oxalis (in questa specie si osserva lo stesso moto anche facendo giungere la luce dal di sotto a mezzo di specchi); e fino ad ora non è possibile potersi pronun- — 106 — ciare con tutta certezza. Ma si può affermare sicuramente che il ca- lore intenso (non unilaterale) provoca gli effetti anzidetti (anche in Oxalis: si consulti N. Kosanin - Weber den Einfluss von Temperatur und Actherdampf auf die Lage der Laubbliitter, Borna-Leipzig, 1905, ove sono pure indicate le ricerche anteriori. È anche a ricordarsi che a tem- perature molto basse furono osservate in foglie posizioni che possono non coincidere con quelle assunte coll’ oscurità e col calore intenso : KOosanIN - . c., p. 46). °°) I movimenti nictinastici comprendono termo e fotonastie (non fu- rono ancora riconosciuti con certezza moti veramente idronastici, al- meno cospicui). In prevalenza variazioni nel calore provocano moti (curvature) nelle foglie fiorali di certe specie, che si aprono col caldo e si chiudono col freddo (la chiusura può anche aver luogo, come si è visto a p. 98, dopo un certo tempo, perdurando la temperatura abbastanza elevata che ha determinato l’aprirsi del fiore). Sensibilissimi ai cambiamenti nel ca- lore sono i fiori di Crocus vernus e di Tulipa Gesneriana; i primi rea- giscono già, sebbene debolmente, a '/, grado di differenza nella tempe- ratura (p. 33), e possono aprirsi in alcuni minuti se portati da un am- biente a 12° in altro a 22°; quelli di Tulipa reagiscono a cambiamenti di 2°. Meno irritabili per esempio sono gli invogli fiorali di Ficaria ra- nuneuloides e Anemone nemorosa, che però in qualunque ora del giorno, indipendentemente dall’ illuminazione, con aumento di temperatura pos- sono farsi aprire del tutto o almeno in parte, e con diminuzione chiu- dere. In altri casi come in Bellis, Nymphaea, ece. l'apertura e la chiu- tura vengono determinate principalmente dall’ alternarsi della luce e dell’ oscurità, che però in grado minore agisce altresì sui fiori molto termonastici; anche in Crocus e Tulipa si sono ottenuti dei movimenti (poco estesi) dovuti solo al passaggio dall’oscurità alla luce e viceversa, senza che possano aver agito cambiamenti nella temperatura. In na- tura per lo più mutamenti nel calore sono uniti a variazioni nella chia- rezza, e i fiori ricevono insieme i raggi termici e i luminosi : vuol dire che per certe specie riusciranno più attivi i primi, per altre | secondi. (Si veda — 107 — per quel che precede PrEFFER - Physiologische Untensuchungen - Leipzig, 1873, p. 181, 198. Esistono, come è noto, anche fiori che si aprono alla sera). Queste nietinastie hanno luogo con fenomeni di crescenza (p. 75). I moti di numerose foglie che conducono alle cosidette posizioni di sonno e di veglia, sono determinati dall’alternarsi diurno della luce e dell’oseu- rità; però anche le variazioni della temperatura possono avervi una certa influenza, e agiscono nello stesso senso (si consulti L. Jost - Leztrige cur Kenntniss der nyctitropischen Beregungen - Jahrb. f. wiss. Bot., 1898, XXXI, p. 376). Si può ritenere in complesso che le radiazioni luminose più attive sono le più rifrangenti; ma anche i raggi meno rifrangenti, come i rossi, bastano a provocarli, agendo più debolmente, come se la luce fosse più scarsa (PrerFER - Planzenphysiol., 11, p. 532). In un certo numero di piante, è noto, avvengono solo nelle foglie giovani, e sono dovuti a fenomeni di accrescimento (p. 75): si tratta di foglie semplici, le quali di notte, curvandosi, tendono a disporsi col lembo in un piano verticale, alcune con rialzarsi (Chenopodium album, Polygonum avicu- lare), altre reclinando (Impatiens, Polygonum Convolvulus, ecc. : per que- sti movimenti sia indicato A. BaraLin - Veber die Ursachen der perio- dischen Bewegungen der Blumen- und Laubbliitter - Flora, 18753, p. 457). Ma in moltissimi altri casi, cioè nelle Leguminose e Oxalidee, e anche in specie appartenenti ad altre famiglie (Porlieria, Phyllanthus, Mar- silia, ecc.) l'accrescimento vi è estraneo (almeno negli organi adulti), e si compiono con variazioni del turgore (pei processi motori si veda a p. 86): come si sa, sono foglie quasi sempre composte, e la curvatura (può apparire anche una torsione) è limitata ai così detti pulvini mo- tori, che troviamo alla base delle foglioline, di piccioli secondari, se esi- stono, e di primari. Tutti quanti possono dar luogo a movimenti accen- tuati, come avviene nella Mimosa, la quale di notte assume all'incirca lo stesso aspetto che se irritata sismonasticamente (il moto sismonastico però, oltrechè di gran lunga più rapido, si compie con processi diffe- renti); mentre altre volte agiscono solo, o in maniera predominante, i pulvini delle foglioline. Queste coll’ oscurità sono condotte ad abbassarsi (Oxalis, Phaseolus, Robinia, ecc.) o a rialzarsi (Trifolium, Coronilla, ece.), portandosi l'una contro l’altra, — 108 — Si riteneva fino a questi ultimi tempi che naturalmente la posizione notturna fosse dovuta all’ oscuramento, e quindi la diurna al ritorno della luce, ma secondo le recentissime ricerche del Pfeffer ( Untersuchungen diber die Entstehung der Schlafbemwegungen der Blattorgane- Leipzig, 1907, p. 411) questo non sempre si verifica: avviene per le foliole di Albizzia lophanta e di Mimosa Spegazzinii (la Mimosa pudica si comporterebbe allo stesso modo, solo che il peziolo primario reagisce notevolmente anche all’ oscurità), mentre per le foglioline di Phaseolus e il picciolo pri- mario di Mimosa la posizione di sonno è dovuta all’ illuminazione diurna che comincia al mattino, richiedendosi per la reazione un pe riodo latente assai esteso. Infatti se, dopo che con ininterrotta illumina- zione si abolirono i movimenti ritmici diurni (p. 109; 0 facendo addirit- tura sviluppare le piantine a luce continua), le piante vengono oseurate, i detti organi non reagiscono (o almeno assai debolmente), mentre se in seguito si espongono di nuovo alla luce, assumono dopo un dato tempo la posizione notturna. Sul Phaseolus Pfeffer sperimentò di pro- trarre l’oscuramento anche 38 ore, ed ebbe il moto sempre dopo 8-12 ore dall’ illuminazione seguente, come quando l'oscurità durava assai meno (/. e., p. 851). Che quest ultima provochi frequentemente, come fu osservato da vari autori, un abbassarsi delle foglioline, sarebbe da attribuirsi ad una certa orientazione eliotropica che si era stabilita (2. c., p. 867); nmictinastieamente non risponpono ad essa, o almeno con sollevarsi di poco. Invece nell’ Albizzia e nella Mimosa l'oscurità fa chiudere in breve le foglioline (il moto comincia dopo 10-30”; del resto ad ottenere il movimento non è necessario sia tolta del tutto la luce, ma basta una diminuzione considerevole); e la posizione di sonno è quindi assunta per effetto del calar della luce alla sera. L'azione della luce vi provoca pure rapidamente moto in senso contrario (questi organi ricordano il comportarsi dei fiori di Crocus e Tulipa che abbiamo visto sopra, di fronte al calore). Possiamo dire che in Phaseolus 1° attitudine diurna viene riassunta con un moto di ritorno, dovuto a cause interne, mentre nelle foglioline di Albizzia e di Mimosa entra in campo la reazione alla luce (il moto di ritorno però avrebbe anche luogo perdu- rando l'oscurità). Esistono passaggi fra i due tipi; così i piccioli di — 109 — Lourea vespertilionis, reclinantisi per effetto dell’ illuminazione come quelli di Mimosa Spegazzinii, offrono però un periodo latente minore, in modo da assumere la posizione più bassa già nelle ore dopo il mez- zogiorno; inoltre reagiscono pure (con un sollevamento, come la Mi- mosa pudica) se vengono oscurati, e in maniera considerevole, quan tunque il moto sia meno ampio di quello dovuto alla luce. Alle fo- glioline di Mimosa e Albizzia si collegherebbero quelle di molte Acacie, di Robinia Pseudacacia, Trifolium pratense, Oxalis Acetosella, Porlieria hygrometra, Marsilia quadrifolia, ece., che, oscurate anche nelle ore antimeridiane, tendono rapidamente ad assumese l'abito notturno (/. c., p. 428); mentre accennerebbero al tipo del Phaseolus, non rispondendo o debolmente ad oscuramenti come sopra, altre Phaseolee (Vigna ca- pensis, Dolichos, Erythrina, ecc.), inoltre foglie che compiono i moti nictinastici con fenomeni di crescenza, come Impatiens (nella quale specie si avrebbe una reazione accessoria all’ oscurità, diretta nel senso del moto dovuto alla luce), Siegesbeckia (/. c., p. 373, 430). Studi ulte- riori decideranno se, come è verosimile, esistono anche fiori fotona- stici da aseriversi a questo secondo tipo. I moti fotonastici, quantunque dovuti direttamente all’ alternarsi della luce e dell'oscurità, sul qual punto non può sorgere alcun dubbio (ri- cordiamo anche che in foglie di piantine sviluppate a luce continuata, e quindi non assoggettate mai al ritmo diurno di chiarezza ed oscura- mento, non si osservano questi moti: PrEFFER - /. c., p. 846; si con- sulti anche R. Semon - Ver die Erblichheit der Tugesperiode - Biol. Centralbl., 1905, p. 244), non cessano subito se le foglie vengono man- tenute in condizioni uniformi di luce o di oscurità, ma continuano per un certo tempo, collo stesso ritmo ed ampiezza decrescente (moti sus- seguenti) prima di aver fine (si veda PrerFER - Die periodischen Bewe- gungen der Blattorgane - Leipzig, 1875, p. 32 e specialmente PreFFER - I c., 1907, p. 433; in questo secondo studio l’ autore usò il metodo di autoregistrazione a mezzo di chimografo). Devesi notare che in generale è preferibile sperimentar con luce continuata in luogo di continuata oscurità, giacchè quest’ ultima frequentemente danneggia la pianta, e i movimenti non perdurano se non breve tempo (Phaseolus, Impatiens; _ 1) — nel lavoro recente del Pfeffer l’ illuminazione artificiale era ottenuta con lampadine elettriche al tantalio). Nel Phaseolus, in certi casì, si pote- rono osservar ancora a luce ininterrotta per 7 giorni, nella maggior parte dei casi però solo 3-5 giorni; e per questo tempo o poco meno in AL bizzia, Impatiens, Siegesbeckia e nel picciolo di Mimosa, mentre in quello di Lourea solo 1-2 giorni. Nelle dette esperienze del Pfeffer sì aveva cura di mantenere costante la temperatura, riducendo ad un tal minimo le variazioni diurne da poter escludere entrino in giuoco azioni loro stimolanti. Moti susseguenti sono stati deseritti anche in fiori foto- nastici, e un accenno si riscontrò pure in fiori termonastici (PrEFFER - I. c. 1907, p. 434). Abituata la pianta (e il fenomeno si succedette per innumerevoli generazioni) a compiere regolarmente, sempre collo stesso ritmo, questi movimenti, le foglie non possono ridursi subito all’immo- bilità al cessare degli stimoli, ma ad essa pervengono definitivamente dopo alcune oscillazioni. E furono descritte 1, 1'/, oscillazioni susse- guenti in piantine nelle quali venivano determinati moti geotropici od eliotropici alternativamente in senso contrario (F. DarwIN e Miss PeRTz - On the artificial production of rhythm in plants - Annals of Botany, 1908, XV11, p. 93). Sappiamo anche che in condizioni uniformi la pe- riodicità diurna della crescenza continua ad esplicarsi per un certo tempo (si veda PreFFER - P/lanzenphysiol. II, p. 256). Notevole è il fatto che assoggettando le piante a turni di illuminazione e di oscurità differenti dal giornaliero, dopo che, soggiornate in condizioni uniformi, si esau- rirono i movimenti diretti di recezione e le successive oscillazioni, 0 così sperimentando in piantine su cui il ritmo diurno non ha ancora agito, i susseguenti che è dato osservare quando subentrano ancora luce od oscurità ininterrotte, offrono, almeno in parecchi casi, la periodi- cità diurna (Semon, /. e. e Hat der Rhytmus der Tugesceiten bei PHan cen erbliche Hindriiche hinterlassen® - Biol. Centralbl., 1908, p. 225; PrEFFER, /. e. 1907, p. 441). Gli organi avrebbero quindi conservato ed anche ereditato la tendenza alla motilità (nictinastica) nel ritmo diurno con un cielo di 24 ore (in certi casi, specialmente se gli stimoli sono deboli, questo potrebbe alquanto farsi sentire già nei movimenti di re- cezione, dovuti come sopra a turni di illuminazione e di oscurità di- versì dal diurno: si consulti SEMON, /. c.). — lll Per l’azione stimolante, in certi casi invertita, del calore o della luce nelle nictinastie quando l’ agente sorpassa una data intensità, si veda a p. 105. Prima di terminare l'argomento delle fotonastie devesi ricordare che in un certo numero di specie si è riconosciuto non possono aver luogo senza una induzione (unilaterale) della gravità. Essendo lo stimolo un agente diffuso, operante indipendentemente dalla sua direzione, affinchè venga provocata una curva orientata in modo determinato è mestieri una qualche dorsiventralità negli organi, sia pure solo fisiologica (che non apparisce anatomicamente). Ora in Phaseolus questa è labile, e può in- vertirsi: se le piante vengono tenute capovolte coll’apice verso terra, i detti moti riescono invertiti, in modo da conservare la stessa orientazione ri- spetto alla gravità; e il lato morfologico del pulvino che assumeva la convessità nella posizione notturna, coll’ oscurità tende a divenir concavo. In Phaseolus la dorsiventralità di cui sopra viene quindi indotta dalla gravità, il che è confermato ancora dall’ osservazione che al clinostato (con asse orizzontale) non si compiono i movimenti nietinastici (0 rie- scono debolissimi; il perdurar, afflevolendosi, per qualche tempo ricorda i susseguenti che abbiamo visto a luce ininterrotta). Un comportarsi simile al clinostato si osserva pure nel Lupinus albus; però a differenza del Phaseolus se la pianta è mantenuta rovesciata non si darebbero più le nictinastie: vuol dire che se l’induzione di gravità necessaria ai detti moti si esaurisce in queste condizioni, non è però in grado di invertirsi. In altre specie come Trifolium pratense, Oxalis lasiandra, Albizzia lophanta, Portulaca oleracea, ece., non solo le fotonastie conti- nuano in maniera normale (non invertite) se le piante vengono capo- volte, ma hanno pure luogo e ugualmente al clinostato: la dorsiven- tralità nictinastica è quindi inerente, almeno in uno stadio già adulto. Nella Cassia marylandica si osserverebbe un indebolirsi dei moti al eli- nostato. (Per quanto precede si veda A. FiscHER - Veber den Finhuss der Schwerkraft auf die Schlafbewegungen der Blitter - Bot. Ztg,, 1890, p. €75, che divide le piante nietinastiche in geonictinastiche e autonie- tinastiche [naturalmente in conformità della terminologia d’ allora usa nietitropico anzichè nictinastico]). Per Impatiens: W. WiIeDERSHEIM - — 112 — Studien iher photonastische und thermonastische Bewegungen - Jahvb. f. wiss. Bot., 1904, XL, p. 256. Nelle foliole di Robinia Pseudacacia ven- gono a mancare ì movimenti fotonastici normali se si capovolgono; non si otterrebbero più che oscillazioni intorno a una posizione obliqua: E. PANTANELLI - Studi di Anatomia e di Fisiologia sui pulvini motori di Robinia Pseudacacia ecc. cit. in nota ®!), p. 216). 5) Alle nastie (e sembra anche tropismi: certi filamenti staminali, stili) caratterizzate da sensibilità ad urti unici di corpi, sia solidi, sia liquidi (si veda PreFrFrER - Zur Kenntniss der Kontaktreize - Unters. a. d. bot. Instit. <. Tiibingen, 1, 1885, p. 517) appartengono i noti movimenti della Mimosa e di altre Leguminose e Oxalidee (p. 66), i moti degli stami irritabili (Cynaree, Berberis, Sparmannia, Helianthemum, Opun- tia, Pertulaca, ecc.), degli stimmi irritabili (Martynia, Mimulus, Tore- nia, Tecoma, ece.), degli stili di qualche specie (Glossostigma elati- noides, Arctotis aspera e calendulacea), del labello delle Orchidee eso- tiche Masdevallia muscosa e Pterostylis, delle foglie di Dionaea e di Aldrovanda. Non agiscono come stimoli pressioni che si fanno crescere gradatamente (PrEFFER - /. e., p. 522). (Riguardo a particolarità isto- logiche tendenti a facilitare la recezione degli stimoli si veda HaBER- LANDT - /. €. a p. 49). Possono pure irritare flessioni, le quali si tradu- cono, come si sa, in trazioni al lato convesso (nelle pressioni dovute ad urti viene evidentemente causata una certa distensione tangenziale) e compressioni al concavo; ma riescono meno efficaci degli urti che hanno luogo direttamente sulla regione sensibile. Per esempio, i Liusbauer (L. e K. LinsBauER - Zur Aenntniss der Centuurea-Filamente nebst. Bemer- hungen tiber Stossreizbarkeit - Site. d. Ahad. d. Wissensch. in Wien, 1906, CXV, Abt. I, p. 1741), facendo cadere da brevi altezze minute goccioline d’acqua sui filamenti staminali di Centaurea disposti oriz- zontalmente (la corolla era asportata), ottennero il movimento quando non cagionavano che flessioni debolissime; mentre se si piegano fissando la base del fiorellino, e premendo dall'altra estremità contro il tubo delle antere, l’incurvamento può essere 8 0 10 volte maggiore e spesso anche più accentuato senza che ne consegua irritazione. Nella Mimosa e affini — 13 — è noto che agisce assai bene come stimolo lo scuotimento dell’ intera pianta, ed anzi è sotto questa forma che volgarmente si conosce l’ irri- tabilità della Mimosa: si osservi che anche con far subire scosse alla pianta hanno luogo delle inflessioni, e senza dubbio sono esse in giuoco. Da questa maniera di stimolazione della Mimosa è desunto il nome di sismonastie (ce10p065, scuotimento) usato da Pfeffer (P/anzenphysiol., IL, p. 496) per le nastie di cui trattiamo nella presente nota. Quantunque nella Mimosa, in condizioni favorevoli, se uno stimolo (meccanico) è attivo determina tutto quanto il moto di cui gli organi sono capaci (si veda L. e K. LiNSBAUER - /. e., p. 1747), questo compor- tamento non è caratteristico per tutto il gruppo ; in altri casi, come ne- gli stami di Centaurea americana (K. LinsBaveR - Zur Kenntniss der Reizbarkeit der Centaurea-Filamente - Site. c. s., 1905, CXIV, p. 811), di Centaurea Jacea (L. e K. LinsBaukR - /. c., p. 1742), nelle foglio- line del Biophytum sensitivum (G. HaBerLANDT - Veder die Reizbeme- gungen und die Reizfortpflanzung bei Biophytum sensitivum - Annal. d. Jard. bot. d. Bwitenzorg, Suppl. II, 1898, p. 35), anche in buon «stato di sensibilità, lo stimolo minimo che dà il movimento non ne provoca tutta la possibile ampiezza, e per ottenerla è mestieri venga elevato. In questi casì citati i detti urti a reazione submaxima non son capaci di sommare i loro effetti in un più esteso movimento. Però in foglie sismonastiche poco sensibili, come nell'Oxalis Acetosella, nella Robinia Pseudacacia, ece., si richiedono urti, scuotimenti replicati per ottenere il maggior moto. Si è visto nella Masdevallia muscosa il tratto motore separato dal sensibile, ma in generale nelle sismonastie non sono distinti. La sensi- bilità trovasi d’ ordinario localizzata (0 più accentuata) al lato che di- verrà concavo, in relazione col tessuto motore; ad esempio nelle foglie della Mimosa la stimolazione specifica di un debole urto deve venir operata al lato inferiore dei pulvini primari curvantisi all’ingiù, e al superiore dei terziari che si infiettono in senso contrario. Questi movimenti, a cui appartengono i più rapidi che si osservano fra le piante superiori, si compiono, almeno nei casi studiati, con de- pressione del turgore (pei processi motori si veda a p. 80). — 114 — *) Fra gli organi aptonastici e gli aptotropici occupiamoci in primo luogo dei viticchi, la cui irritabilità fu studiata a fondo da Pfeffer (Zur Kenntniss der Kontaktreize - Unters. a. d. bot. Inst. e. Tiibingen, I, 1885, p. 483). Sono sempre insensibili a scuotimenti, anche molto forti da piegarli energicamente, purchè le parti irritabili non vengano in contatto con altri corpi; e se perdura per qualche tempo un po’ di curvatura, ciò è dovuto alla plasticità di questi ‘organi: lo stesso avviene in molti giovani cauli. Non offrono inoltre sensibilità alle azioni meccaniche da parte dei liquidi, il che ha pure importanza in natura, non venendo indotti inutilmente a curvarsi per effetto della pioggia o del vento. (Si colpi- scono invano i eirri in parti irritabili con getti d’acqua uscenti da stretti tubi di vetro sotto la pressione di una certa colonna di liquido, ad esempio di 50-120 mm; e possiamo servirei collo stesso risultato ne- gativo anche di altri liquidi, per esempio del mercurio). Fra i corpi solidi solo la gelatina molto rieca d’acqua (almeno con 186 °/, di acqua; natu- ralmente si deve aver cura di mantenerne la superficie umida) non è in grado di irritare. Si immerga una bacchetta di vetro nella detta gela- tina resa fluida col calore, così da ottenere un rivestimento di sufficiente spessore per una certa lunghezza, e si sfreghi con questa porzione la parte più sensibile di un cirro: non si avrà mai reazione. (Questa pro- prietà della gelatina permette di fissare vitiechi anche in punti sensi- bili senza che ne risulti irritazione; basta applicarli nel punto voluto alla bacchetta spalmata di gelatina, raccomandata ad un sostegno, ver- sandovi sopra una goccia di quest’ ultima presso a solidificarsi, e man- tenendola umida). Tutti gli altri corpi solidi irritano i viticchi, non però, ed in questo a somiglianza della Mimosa, con una pressione che vada crescendo gradatamente. Se prendiamo i corpi più svariati, aghi, aghi irrugginiti (a superficie scabra), bacchette di vetro, di legno, liste- relle di carta a smeriglio incollate sopra bacchette, ecc., e le applichiamo con tutta delicatezza sul lato irritabile di cirri fissati colla gelatina in modo da non restar libera che la parte più sensibile su cui si opera, evitando qualunque scossa non si ottiene effetto, anche se a poco a poco aumentiamo la pressione, così da far piegare il pezzetto di vitiechio. Ma «MO + la curvatura d’ irritazione si produce se durante il contatto hanno luogo degli scuotimenti, quindi con urti ripetuti, sieno pure deboli; e in na- tura nel cirro che si avvolge intorno a un sostegno possono essere dati da moto anche lieve dell’aria. Si irrita molto bene sfregando, nel quale atto i vari punti dall’epidermide subiscono pressioni e distensioni. Un urto unico non è in generale capace di stimolare, a differenza degli organi sismo- nastici; solo in cirri sensibilissimi (Sieyos angulatus) Pfeffer constatò che, se forte, può provocare un certo movimento. I corpi solidi riescono attivi anche allo stato di polvere finissima, purchè colpiscano il viticchio con una certa forza; ad esempio irrita la gelatina sulla quale si applica fine argilla impastata con acqua, o un getto di liquido che tiene in so- spensione particelle di questa sostanza (diametro dei corpuscoli anche non superiore a !/,, di mm). Il modo di comportarsi descritto permette di caratterizzare l'irritabilità dei cirri. I liquidi agiscono in continuità sulla superficie premuta, e così pure la gelatina di cui sopra, assai cedevole e plastica, la quale si adatta a tutte le disuguaglianze della superficie dell’ organo; il che non avviene pei corpi solidi. Per quanto appariscano lisci, il microscopio vi lascia scorgere rilievi che premono o stirano (nel caso di sfregamenti) disu- gualmente, e fra i quali si trovano dei punti che non agiscono. Se poi fossero anche lisci al microscopio, basterebbero per una discontinuità d'azione le pareti esteriori dell’ epidermide alquanto convesse (ad ogni modo parrebbe che i corpi un po ruvidi irritino meglio dei lisci). I vi- ticchi non sono dunque sensibili che ad urti o stiramenti in punti di- stinti assai vicini (che sì susseguono con una certa rapidità), in modo da risentire le strutture irritabili®nell' ambito dell’ area stimolata, singole azioni deformatrici, come si direbbe, a ripido dislivello; il che non ha luogo coi liquidi, operanti in maniera uniforme o gradualmente de- crescente; e tanto meno con un’ inflessione. Ed emergono analogie con la sensazione tattile della cute umana. È noto che su di essa le pres- sioni dei liquidi non vengono percepite (ben inteso-devono trovarsi alla stessa temperatura della pelle per non dar luogo a sensazione; si av- vertono solo al confine del tratto premuto, mentre nel cirri nemmeno ivi sono in grado di stimolare), e che fino ad un certo limite per uguali — ll6 — azioni di corpi solidi rapportate all’ unità di superficie, riescono più ef- ficaci quelle ad area minore, senza dubbio perchè (come risulta da con- siderazioni teoriche e anche da prove su lastrette di gelatina) per que- ste la pressione nell'interno scema con più ripido dislivello (M. v. FrEY e F. Kigsow - Veber die Function der Tasthòrperchen - Zeitschr. f. Psychol. u. Physiol. der Sinnesorgane, 1899, XX, p. 126). Secondo ogni probabilità hanno importanza nella recezione dello stimolo, come si è accennato nello Studio d’ insieme, prolungamenti plasmatici addentrantesi nello spessore della parete esteriore dell'epidermide dei vitiechi; i quali però non esi- stono in tutti i cirri, per esempio mancano in quelli pur sensibilissimi di Passiflora gracilis (si vedano i lavori indicati a p. 49). Mentre negli organi sismonastici in certi casi (Mimosa) qualunque stimolo, purchè attivo, provoca tutta l’ampiezza di movimento possibile, e in altri, pur avendosi reazioni submaxime, anche stimoli debolissimi sono sufficienti ad ottenere tutto il moto; nei viticchi la curvatura cresce considerevolmente con l'intensità e la durata dell’azione meccanica. Rispondono a seconda dei casì con lievi curve, o col descrivere la parte irritata uno o più cerchi molto stretti. Per la distribuzione della sensibilità nell’ organo estendentesi dall’ a- pice verso la base di pari passo colla motilità, principalmente pei cirri anisotropi (reagenti solo, o almeno in maniera assai più accentuata, se stimolati in un determinato lato, che per lo più è quello morfologicamente inferiore; si veda però a p. 122), e per gli isotropi (che reagiscono più o meno colla stessa intensità qualunque sia il lato irritato) si consulti lo studio di Fitting: Untersuchungen ‘ber den Haptotropismus der Ran- hen - Jahrb. f. miss. Bot., 1903, XXX VIII, p. 545 (sia indicato ancora pei vitiechi: C. DARWIN - / movimenti e le abitudini delle piante ram- picanti). Come del resto per gli altri organi di questo gruppo, nel mo- vimento la concavità viene sempre assunta dal lato stimolato. Ai viticchi si collegano i piccioli cirrosi (DARWIN - 2. e.; M. DERSCHAU - Finfluss von Contact-und Zug auf vankende Blattstiele, Frankfurt a M., 1894) e gli uncini, e i rami sensibili di cui son dotate certe specie tropi- cali (H.ScHENCK - Beitrdge cur Biologie und Anatomie de Lianen, 1, Jena, 1892; A. Ewarr - On contact Irritability - Annal. du Jard. bot. d. Buiten: — ll7 — zorg, 1898, XV, p. 187); i cauli di Cuscuta, Cassytha e del Lopho- spermum scandens, mentre, come è noto, ai cauli delle altre piante vo- lubili manca la sensibilità aptotropa (si consulti PrEFFER - P/lanzez- physiol., II, p. 402, 418); così pure le radici aeree di talune piante tropicali avvolgentisi intorno a sostegni, come nella Vanilla aromatica, nella Dissochaeta, ecc. (M. TREUB - Observations sur les plantes grimpaò- tes du Jardin botanigne de Buitenzorg - Annal. c. s., 1883, III, p. 178; A. Ewarr - Z. c., p. 234; Went - Ueber Haft- und Nihrweurzeln dei Kletterplanzen und Epiphyten - Idem, 1895, XII, p. 1). In quanto alla debole sensibilità (positiva) a un contatto, a lieve pressione, constatata in radichette di certe specie (F. C. NewcomBE - Z%higmotropism of terrestriul roots - Beih. 2. bot. Centralbl., 1904, XVII, p. 61), pare piut- tosto che, anzichè rientrare veramente nell’ aptotropismo, si colleghi al reotropismo (p. 137). è Gli stessi stimoli meccanici attivi nei cirri agiscono sulle capocchie dei tentacoli della Drosera, prevocando l’inflessione dei pedicelli (se- parazione della regione recipiente dalla motrice), come fu stabilito pure dal..Pfeffer (I. c., p. 541). È inefficace una pressione statica; per esempio minutissime perle di vetro bleu poste delicatamente sulle glan- dule non irritano evitando qualunque scossa, se il vaso sta sul piatto di un clinostato immobile, ma si ha stimolazione se 1 apparecchio è posto in moto, a causa degli seuotimenti che imprime alia pianta. Così pure il mercurio e l’acqua ordinaria non son capaci di provocare il mo- vimento (la gelatina irrita agendo come stimolo chimico). Per partico- larità anatomiche in relazione con la recezione dello stimolo si veda HABERLANDT - l. ec. a p. 49 ). Sono alquanto aptonastiche le foglie di Pinguicula. In quanto alle foglie della Dionaea, che al tocco di una delle setole sensibili si appalesano organi sismonastici, dal momento che possono reagire anche sfregando la superficie fogliare (K. GoEBEL - Pflanzenbiologische Schilderungen, Il, 1891-93, p. 201), non è escluso partecipino alquanto di qualità aptonastiche. Anche fra le Crittogame possiamo trovare sensibilità dello stesso ge- nere che nei cirri. È interessante il caso dei peduncoli sporangiferi di Phycomyces, nei quali sì ottengono inflessioni portandovi in contatto — 118 — (certamente in condizione non di assoluta immobilità) per esempio un filo di vetro o di platino, e basta mantenervelo 3-6 minuti perchè riesca notevole. E non è raro in colture fitte trovare un peduncolo debole avvolto intorno ad altro più forte. L'acqua e il mercurio sono come nei cirri inefficaci, e così pure la gelatina che abbiamo indicato sopra (si veda J. WoRrTMANN - Zur Kenntniss der Reicbemegungen - Bot. Ztg., 1887, p. 801). Esistono anche funghi di organizzazione più elevata con ife capaci di avvolgersi, come la Sepultaria Sumneriana (E. BoupIER - Sur une nouvelle observation de presence de vrilles ou filaments cirroides préhenseurs chez les champignons- Bull. d. la Soc. Bot. d. France, 1894, p. 371); ed Alghe Floridee come Hypnaea musciformis, Spyridia acu- leata, Nitophyllum uncinatum, con rametti speciali ad uncino che si comportano a somiglianza di cirri (M. NorbHAUSEN - Zur Anatomie und Physiologie ciniger rankentragender Meeresalgen®- Jahrb. f. miss. Bot., 1900, XXXIT, p. 236). I processi motori consistono in fenomeni d’ accrescimento, almeno nei casi che vennero studiati (p. 75. Per la Drosera si veda A. BATALIN - Mechanik der Bemegungen der insenktenfressenden Phanzen - Flora, 1877, p. 39; ma occorrono altri studi). Anche le ritensioni che si possono os- servare in seguito ai movimenti di curvatura sono dovute a fenomeni di crescenza (p. 96). 8) Passeremo in rassegna quel che si conosce di più notevole intorno agli altri stimoli capaci di provocare i moti negli organi nastici, oltre quelli che abbiamo visti nelle tre note precedenti, che come attivi in na- tura e caratterizzanti gruppi di otgani, chiameremo "3fimoli specifici (si tengano presenti le considerazioni accennate a questo proposito nello Studio d'insieme). Cominciamo per comodità dalle sismonastie. Nella Mimnosa si può otte- nere il moto con un notevole e brusco cambiamento di temperatura, la soppressione repentina dell’ insolazione, la subita esposizione ai raggi s0- lari (P. Bert - Recherches sur les mouvements de la sensitive, 1° Mem. 1867, p.19- Estr. dalle Mem. d. Science. phys. et natur. d. Bordeaua; si veda anche N. Kosanin - Veber den Einfluss von Temperatur und Aetherdampf auf — 119 — die Lage der Laubbliitter, Borna-Leipzig, 1905, p. 6 e PrerreR - Veber die Entstehung der Schlafbewegungen der Bluttorgane - Leipzig, 1907, p. 415). I filamenti staminali di Centaurea americana e di altre specie reagiscono avvicinandovi un ago scaldato ad elevata temperatura (K. Livssauer - Zur Kenntniss der Reicbarkeit der Centaurea-Pilamente - Site. d. Ahad. d. Wiss. in Wien, 1905, CXIV, Abt. L p. 812), ece. Cor- renti di induzione costituiscono stimoli, oltrechè per la Mimosa (BERT -/. €., p. 19; si veda anche per esempio W. GarpINER - On the power of contractility esibited by the protoplasm of certain plant cells - Annals of Botany, 1887-88, p. 364), per gli stami delle Cynaree (F. Conn - Contractile Gemebe im Planzenreiche, 186L p. 21 - Est. dagli Jahresb. d. Schles. Ges. f. vaterl. Cultur), di Sparmannia africana (P. Dop - Contribution è l'étude des mouvements provoques chez les vegetava - Bull. d. la Soc. Bot. d. France, 1904, p. 415), Mahonia (P. Dop - Physiologie des mouvements des etamines de Mahonia nepalensis - Idem, 1905, p. 138), ece., per le foglie di Dionaea (si consultino i lavori di Bur- don-Sanderson: p. 74). In parecchi dei casi citati sì sperimentarono con successo anche correnti continne. Sia qui notato che altri studi deci- deranno se realmente, come vuole il Bose (Plazt response, 1906), sì danno reazioni nastiche a stimoli elettrici e termici estremamente diffuse nel regno vegetale, sieno pure esigue, in modo da non potersi mettere in evidenza che con dispositivi amplificanti il moto. Nella Mimosa fu osservato anche il moto col passaggio da una atmo- sfera satura di vapore ad altra che ne è più povera (PrEFFER - Veber Fortpfanzung des Reizes bei Mimosa pudica - Jahrb. f. miss Bot., 1875- 74, IX, p. 316), e un comportamento simile si dà nella Dionaea (H. Munxk - Die elektrischen und Bemwegungserscheinungen am Blatte von Dio- naea muscipula, Leipzig, 1876, p. 105). Così pure sulla Dionaea agisce la sottrazione d’ acqua a mezzo di soluzioni che ne sono avide, depo- nendo in contatto con una setola sensibile una goccia di soluzione con- centrata di zucchero (DARWIN - Ze piante insettivore, Trad. di Cane- strini e Saccardo, 1878, p. 197) o di cloruro di sodio (MunK - 2. €., p. 105). Possono agire stimoli chimici: nella Dionaea vien provocato il moto — 120 — con composti azotati umidi, ma più lento che con stimolazione meccanica {K. GoeBEL - P/anzenbiologische Schilderungen, Marburg, 1I, 1891-93, p. 203). La cattura di piccoli animaletti in natura è dovuta, come è noto, a quest’ ultima; i composti chimici entrano in giuoco in seguito (determinano la secrezione delle ghiandole), e si deve ad essi se la foglia resta chiusa a lungo sulla preda, alla quale le due metà si applicano strettamente, mentre si riapre tosto in seguito a solo stimolo meccanico. La Mimosa, i filamenti staminali di Berberis, gli stimmi di Mimulus vengono irritati dai vapori ammoniacali, e sperimentando con precauzione, senza esserne danneggiati, così da potervi reagire più volte di seguito (C. CorrENns - Veber die Abhingigheit der Reizerscheinungen hòherer Pfanzen von der Gegemwart freien Sauerstoffes - Flora, 1892, p. 99, 109, 115); stimmi aperti di Martynia bagnati con solfato di stricnina all’1°/, si chiudono tosto per riapirsi nel corso di 45° (A, Borzì - Contribuzione alla conoscenza dei fenomeni di sensibilità delle piante, Palermo, 1896, p. 3 - Estr. dal Natur. Sicil.), ecc. Organi su cui agiscono stimoli chimici frequentemente riescono deteriorati e periscono. Anche sostanze narcotiche, come cloroformio ed etere, in certi casi danno luogo a stimolazione, il che si riscontrò in organi fiorali (si veda per es. H. 0. JurL - Hinige Beobachtungen an reicbaren Staubfiiden, Upp- sala, 1906, p. 2 - In Bot. stud. tilliign. P. R. Kjellmann), e nelle foglie di Dionaea (Darwin - Z. e., p. 204), I filamenti di Berberis e di He- lianthemum vengono irritati con privarli di essigeno, evacuando a mezzo della macchina pneumatica (per quelli di Berberis basta ridurre la pressione a 40-20 mm di mercurio), 0 facendo assorbire l'ossigeno con la soluzioue alcalina di acido pirogallico, o sostituendo l’aria con l'idrogeno (CORRENS - /. c., p. 100, 110). Si è visto diffusamente (p. 53) dell’ irritazione provocata nella Mi- mosa (e in altre specie sismonastiche) da azioni traumatiche operate sulla pianta, interessanti i fasci fibro-vasali, le quali senza dubbio danno luogo a fenomeni fisici agenti come stimoli nei pulvini. Occupiamoci ora deo aptoowgoniI vitiechi si irritano anche per ef- fetto del calore (C. Correns - Zur Physiologie der Ranhken - Bot. Ztg., 1906, p. 2), e bisogna che la variazione di temperatura sia abbastanza — 21 — brusca: se il cirro è scaldato a poco a poco non si curva. Anche ab- bassamenti di temperatura possono infletterli in un certo numero di casi (nello stesso senso che 1 ineremento: Corrers -l. e., p. 12). Stimolazioni a mezzo del calore furono anche sperimentate nella Drosera (DARWIN - LZ c., p. 47). Si osservò pure in vitiechi rispondenza a correnti elettriche d’induzione percorrenti la regione più sensibile (nel Sicyos angulatus : PrerreR - Zur Kenntniss der Kontaktreice - Unters. a. d. bot. Inst. x. Tiibingen, 1, - 1885, p. 504), e lo stesso dicasi per la Drosera (GARDINER - Î. c., p. 363). Come è noto, i tentacoli della Drosera vengono indotti al movimento anche da stimoli chimici (sostanze albuminoidi, sali ammonici, fosfati, ecc.), ai quali compete molta importanza in natura; e possono ritardare considerevolmente la ritensione. Così pure riescono assai attivi sulle foglie di Pinguicula. Anche sui viticchi sono in grado di agire stimoli chimici, che però non operano nelle loro naturali condizioni di vita (CorRENS - 7. c., p. 74). Se per esempio si immerge un cirro di Sicyos angulatus (non staccato dalla pianta) in acqua contenente un po’ di tintura di iodio (evitando qualunque contatto con corpi solidi capaci di stimolare), ne risulta la curvatura d’ irritazione; e non vengono dan- neggiati, giacchè se tolti via dopo 10 minuti e lavati con cura, si ri- tendono, e sono suscettibili di reagire ancora allo stesso stimolo o ad azioni meccaniche (la quantità di iodio penetrata nei tessuti dev’ essere assai lieve). Furono usate con risultato positivo anche altre sostanze, come vapori ammoniacali, acido acetico diluito, eec. E possono ancora spiegare una azione irritante narcotici, come è stato sperimentato sui tentacoli di Drosera (etere, cloroformio: E. HeckeL - Du mouvement dans les poils et les lacinations foliaires du Drosera rotundifolia ete. - Compt. rend. d. Vl’ Acad. d. Sciene., 1876, LXXXII, p. 525; DARWIN - 4. c., p. 148) e sui cirri (cloroformio: CORRENS - /. e., p. 16). Abbiamo pure già esaminato (p. 67) la stimolazione provocata nei vi- tiechi da azioni traumatiche, in certi casi operate anche in parti non sensibili, che certamente agiscono come le stesse azioni nella Mimosa; così pure i tentacoli della Drosera possono essere indotti al movimento recidendoli a brevissima distanza dalle capocchie (p. 70), — 122 — Non v ha dubbio che i moti identici che gli stimoli passati poc' anzi in rassegna e gli specifici determinano in un dato organo sismonastico, si compiono coi medesimi processi motori; riguardo agli organi apto- sensiilisi può ricordare a questo proposito che nei cirri furono istituite con ugual risultato misurazioni mierometriche (p. 75), oltrechè per le curve dovute allo stimolo meccanico, anche per le inflessioni provocate da aumento e diminuzione del calore e da ferite (H. Frrrina - Weitere Un- tersuchungen cur Physioiogie der Ranken, ete. - Jahr. f. wiss. Bot., 1904, XXXIX, p. 446, 459, 464). Però nei vitiechi v’ ha una differenza nel modo di comportarsi di questi ultimi stimoli e degli altri che abbiamo visto nella presente nota, di fronte agli aptotropi, inquantochè provocano curvature diffusi tutto intorno all’ organo o ad ogni modo privi di carat- tere unilaterale, mentre le stimolazioni aptotrope di due lati opposti neu- tralizzano i loro effetti, anche quando si ha rispondenza più accentuata, 0 solo a quella di un determinato lato, 1 inferiore (Frrrina - Untersuchun- gen iiber den Haptotropismus der Ranken - Jahrb. f. rwiss. Botanik, 1908, XXXVIII, p. 557; in questo secondo caso bisogna ammettere che lo stimolo agente al lato superiore non provochi che fenomeni d’ eccita- zione, i quali non trapasserebbero, o imperfettamente nei motori, e sì avrebbe [come del resto anche per gli isotropi : Studio d’ insieme], sfre- gando le due facce opposte, elisione di due contrari eccitamenti; sia menzionato che nelle Cucurbitacee gli effetti dell’ irritazione al lato inferiore spesso vengono solo considerevolmente diminuiti con sfregar l'opposto). Le svariate azioni anzidette non sarebbero in grado di operare sull’organo che in un solo senso (come avviene nelle nictinastie colle quali offrono stretta somiglianza), cioè in quello della maggior capa- cità di reazione aptotropa (anche a così detti cirri isotropi deve com- petere una certa anisotropia, sia pure debole; Correns ha rimareato che col calore s' incurvano poco: 7. e., p. 11). E l'eccitazione dovuta a sti- molazione aptotropa del lato superiore si è riconosciuto che può anche spiegare effetti neutralizzanti sull’ eccitamento provocato da azioni come sopra .(FirTInG - 7. c., p. 562; Weitere Untersuch. cit., p. 485, 454, il che accenna chiaramente non essere (a una data fase) differenti. In quanto alle nietinastie è forse possibile far entrare nel tipo loro — 123 — un certo numero di reazioni più o meno deboli principalmente a certi composti chimici (narcotici). Il Kosanin (/. e., p. 57) ha mostrato che in foglie (Mimosa pudica, Securigera Coronilla, Phaseolus multiflorus, Oxalis Acetosella, Tropaeolum majus, Anoda Wrightii, ecc.) i vapori d’etere (alle concentrazioni a cui si riferiscono i risultati anestetizzanti indicati a p. 102) sono in grado di provocare un qualche movimento nello stesso senso in cui agiscono calore e luce intensi (p. 103). Nelle specie che compiono questi moti con variazione del turgore cresce la rigidezza dei pulvini, il che potrebbe differenziarli dai mnictinastici di cui sopra (p. 92), ma forse non è da attribuire un gran peso a questa circostanza, ed è pos- sibile entrino in giuoco azioni secondarie (p. 91, 92). Nell’Oxalis Aceto - sella lo stesso autore ha riscontrato che, mentre i vapori di etere ad una certa dose inducono movimenti anzidetti, se più diluiti agiscono come il calore (e la luce) meno forti, cioè tendono a sollevar le foglioline reclinate. Anche i vapori di cloroformio (PreFFER - Physiologische Unter- suchungen, 1873, p. 64) provocano nella Mimosa un certo moto come il calore intenso, cioè sollevamento del picciolo primario (pure con au- mento di rigidità del pulvino) e delle foliole (l'etere alla luce non dà luogo a questo fenomeno nelle foglioline; di giorno, se non distese per effetto di oscuramento, lo ritornano coi vapori di etere, mentre di notte non sono in grado di farle aprire; accennerebbero di agire sulle foliole nelle concentrazioni usate, a somiglianza della luce e del calore mo- derati). Sia menzionato che l'iniezione di cocaina spiega pure un certo effetto motore sulla Mimosa (si veda il rendiconto di uno studio di Krutickij nel 5of. Certralbl., 1889, XXXIX, p. 379). Le stesse po- sizioni che abbiamo visto sopra nel picciolo e nelle foglioline di questa pianta, vengono assunte evacuando colla macchina pneumatica sotto la campana che ricopre la Mimosa (riducendo sufficientemente bassa la pressione; anche qui agirebbe la sottrazione di ossigeno: CoRRENS - /. €., p. 97 ; in queste condizioni si rende insensibile sismonasticamente, e senza dubbio anche nictinasticamente). #*) Pei filamenti staminali irritabili si veda A. HAnSGIRG - Physiolo- gische und phycophytologische Untersuchungen, Prag, 1893, p. 141. — 124 — 4) Il chimotropismo fu riscontrato nelle radici, nei miceli di funghi e nei budelli pollinici. Siecome non sempre v' ha accordo fra i risultati degli autori, e non possediamo in ogni caso dati definitivi, anzichè fare ‘un lavoro veramente sintetico, passeremo piuttosto in rassegna i varì studi sull’argomento. Cominciamo dalle radici. Il Lilienfeld ( Veder den Chemotropismus der Wurzel - Beih. x. bot. Centralbl., 1906, XIX, p. 181) sperimentava te- nendole in gelatina o sabbia umida, nelle quali viene a diffondersi la sostanza attiva. Vaschette di vetro circolari sono riempite con soluzione al 3 °/, di gelatina in acqua distillata, e una volta solidificata sì scava nel mezzo un grosso foro e vi si versa una soluzione acquosa del com- posto di cui si vuol sperimentar l’ azione; le radichette vengono affon- date a distanze varie dal vano centrale (naturalmente le esperienze si fanno sempre allo scuro). Se chimotropiche positive rispetto alla so- stanza adoperata, si inflettano verso di esso. Si può anche collocar una vaschetta dentro altra più grande, nello spazio intermedio porre la ge- latina mescolata al chimotropico, riempiendo il vano che risulta tolta la vaschetta, di sabbia impastata con acqua distillata, e affondarvi le radici. È anche il caso di porre la sabbia al posto della gelatina e vi- ceversa, e tenere le radici in quest’ ultima come col primo metodo, ecc. Sperimentò sopra un buon numero di specie, estendendo specialmente le ricerche sul Lupinus «albus, al quale ci riferiamo. Risultarono in ge- nerale buoni chimotropici positivi i sali ammonici, quelli di potassio, meno i sali di sodio, negativi quelli di caleio (non provò il bicarbo- nato; i carbonati alcalini sono positivi), di magnesio, ecc. Se teniamo conto del radicale acido si può dire che adescano molto bene i fosfati (erano già state descritte da Newcombe e Anna Rhodes [C%emotropism of roots - Bot. Gazette, 1904, XXXVII, p. 27], i quali pei primi parla- rono di chimotropismo delle radici, curve positive nelle radicule di Lu- pinus albus verso fosfato disodico, poste fra due blocchi di gelatina, l'uno dei quali contiene il detto sale e l’altro solo acqua distillata, disposi- tivo che non è molto idoneo), mentre sono chimotropici negativi i sol- fati, eccetto quello di ammonio e anche quello di potassio molto diluito come pure se diluitissimo il solfato ferroso; sono pure negativi i ni- — 125 — trati, ad eccezione almeno del nitrato di potassio diluito ; i eloruri tutti danno chimotropismo negativo. (Newcombe e Rhodes col metodo indi- cato avevano pure ottenuto curve negative nelle radici di Lupinus al- bus verso nitrato di ammonio, di potassio, di calcio, e solfato di ma- gnesio: 7. e., p. 31). Sali di rame, piombo, mercurio, ece. agiscono ri- pulsivi, anche se diluitissimi. Alcuni composti, come glucosio, saccarosio, non spiegano azione tropistica. In generale nelle esperienze di Lilien- feld le sostanze agiscono in una sola maniera, positivamente o negati- vamente; per alcune potè sperimentare che adescano molto diluite, ed esercitano azione ripulsiva se più concentrate. Per esempio il solfato ferroso a 0,01 °/, provoca debole chimotropismo positivo, se all’ 1 °/, negativo. Nell'insieme i tropismi positivi sarebbero utili alle radici, gui- dandole verso sostanze nutritive, e i negativi allontanandoli da altre che per la loro natura, almeno a quella data concentrazione, possono riu- scire dannose. L'autore constatò chimotropismo positivo , oltrechè nella radichetta di Lupinus albus, anche in quelle di Vieia Faba, Pisum sativum, Cicer arietinum, Phaseolus vulgaris, Cucurbita Pepo, Helianthus an- nuus, le quali pur offrendo delle divergenze, in complesso non si allon- tanerebbero molto nel modo di comportarsi dal Lupinus. Non potè ri- scontrare chimotropismo per esempio in Ervum Lens. A breve distanza dal lavoro di Lilienfeld fu pubblicato uno studio di Sammet sul chimotropismo, principalmente delle radici ( Urtersuchungen iiber Chemotropismus und verwandte Erscheinungen bei Wurzeln, Sprossen und Pilzfiden-Jahrb. f. viss. Bot., 1905, XLI, p. 611; la nota preven- tiva del lavoro di Lilienfeld comparve nei 2?r. d. deutsel. bot. Gesellsch., 1095, p. 91, e nessuno dei due autori ebbe notizia dei risultati ottenuti dall’ altro), il quale procedette con altro metodo, tenendo le radici nel- l’acqua, ed ebbe risultamenti diversi. Fra le tre specie studiate di più una è il Lupinus albus (di cui anzi si occupò a preferenza), sul quale abbiam visto sperimentare il Lilienfeld (le altre sono Vicia sativa e Si- napis alba). Sopra un recipiente cilindrico di vetro della capacità di circa 20 litri e pieno d’acqua fissava un disco di zinco con apertura circolare nel mezzo per dar passaggio ad un vasetto di terra porosa contenente la soluzione da provare; lentamente il composto si diffonde — 126 — tutto intorno nell’ acqua dove pescano le radichette, attraversanti forel- lini del disco di zinco. Adoperò eloruro di sodio, nitrato di potassio, zucchero di canna, acido acetico (questi composti furono usati anche . da Lilienfeld; nelle esperienze del detto autore l’acido acetico è sempre ripulsivo), alcool, etere, glicerina, canfora, ecc. E a differenza di quanto ha luogo nelle ricerche di Lilienfeld venivano usati a discreta e anche forte concentrazione, ad esempio l'alcool dal 10 al 95 °/, il cloruro di sodio al 5-25 °/,, ecc. (Per avere un'idea delle quantità che si dif- fondono nell’acqua intorno al vaso poroso ricorderò che, secondo Sammet, se questo contiene cloruro di sodio al 2 °/, risultano dopo 2 ore in contatto con esso, a 3, 6 ecm di distanza, rispettivamente le concentra zioni 0,012 °/ 0,009 0/0, 0,005 °/, e dopo 5 ore 0,021 °/, 0,018 %/o, 0,012 °/. Secondo Lilienfeld il cloruro di sodio potrebbe agir negativo sulle radici della stessa specie già a una diluizione non superiore a 0,0001 °/,). Tutte quante le sostanze provocarono nelle radichette curve positive, e servendosi delle soluzioni più concentrate ha luogo col tempo in molti casi reazione negativa, che però non si osserva nelle radici più lontane. Se non fossero descritte queste ultime inflessioni sarebbe il caso di considerare senz’ altro le positive come causate da rallentamento più forte della crescenza determinato in via diretta dal composto che si diffonde, nel lato delle radici volto verso il vaso poroso. Che le nega- tive debbano attribuirsi ad azione traumotropica [all apice] è da esclu- dere perchè l’autore dice che le radici decapitate si comportano ugual- mente, come ha luogo anche nelle esperienze del Lilienfeld e nelle altre che esamineremo in seguito. E a spiegar la discordanza fra i due autori non pare possa attribuirsi troppa importanza alle condizioni dif- ferenti nelle quali trovansi le radici, giacchè in altre ricerche del Sammet che accenneremo (p.129), condotte in condizioni non molto dissimili da quelle di Lilienfeld, si ebbero pure gli stessi risultati (non è escluso vi abbia parte l'aver operato su forme, razze differenti della specie usata in comune). Per il primo Molisch (Veber die Ablenkung der. Wurzeln von ihrer normalen Wachsthumsrichtung dureh Gase - Site. d. Akad. d. Wissensch. in Wien, 1884, CX, Ab. 1, p. 111) si occupò della rispondenza chimo- — 127 — tropica delle radici di fronte a gas (aerotropismo). Il gas usato era con- tenuto in un cilindro chiuso da una lamina di cauciù duro, con 1-2 aperture in forma di fessure (larghe 1,5-2 mm) e le piantine venivano fissate ad un sughero saldato al detto cilindro, in modo che le piccole radici stieno a brevissima distanza di fronte alle fessure: disposto il ci- lindro orizzontalmente le radicule pendono verticali. Un’ ampia campana di vetro, rivestita all’interno con carta da filtro bagnata, lo ricopre, e sul recipiente dove poggia si versa un sottilte strato d’acqua, allo scopo di rendere l’aria ben umida. Le esperienze furono eseguite principal- mente sul Pisum sativam e sulla Zea Mays. Con riempiere il cilindro di ossigeno ottenne per lo più prima curve dirette verso il cilindro, indi negative, e così pure con togliervi questo gas a mezzo della solu- zione alcalina di acido pirogallico. La radice in definitiva sfuggirebbe un eccesso di ossigeno, e verrebbe richiamata da una quantità favore- vole al proprio sviluppo (un comportamento simile è noto in mieroor- ganismi dotati di locomozione). Risultati dello stesso genere, ma in gie- nerale più accentuati, ebbe servendosi di anidride carbonica, o aggiun- gendo all’ aria del cilindro gas illuminante, ammoniaca (*/, di goccia in 25 em? di acqua), acido cloridrico, cloro (1 goccia di acqua di cloro satura in 40 em? di acqua), ece. Può anche occorrere che l’ inflessione positiva non venga completamente ritesa, e in questo caso la radice as- sume la forma di un $S. Delle due curve la più spiccata è quella che tende ad allontanarle dal cilindro, e il gas che determina inflessioni negative più energiche è il cloro. Le positive, sscondo Molisch, si dovreb- bero attribuire a una azione deteriorante che il gas diffondentesi dalle fessure eserciterebbe in special modo sul lato della radice a queste ri volto rallentandone l’ acerescimento, come si accennò a proposito dei risultati di Samimet (una azione ritardatrice sulla erescenza si può pure attribuire a un eccesso o a un difetto di ossigeno); e non sarebbero quindi veramente tropistiche. In seguito (in condizioni che non preci- seremo) avrebbe luogo il tropismo, dal quale le radici sono indotte a fug- gire condizioni sfavorevoli. Però siamo ben lungi dal poter accettare ‘ senz’ altro la detta spiegazione per le curve positive: non appare utile alla pianta che inflessioni positive di questa natura precedano le negative. — 128 — Dalle ricerche più recenti di Miss Bennett (Are roots aerotropie 2 Bot. Gazette, 1904, XXXVII, p. 241) non si potrebbe concludere in generale all'esistenza di un aerotropismo in riguardo ai gas su cui sperimentò, ossigeno, anidride carbonica, idrogeno. Furono condotte sulle stesse spe- cie studiate dal Molisch e anche su altre, ripetendo esperienze dello stesso genere e operando in altre condizioni, nell’ acqua, nella terra, in gela- tina. Solo in ricerche su radichette nell’ acqua satura di CO,, la grande maggioranza si incurvò verso una camera d’aria a brevissima distanza (sopra 63 radici di Raphanus sativus 89 risposero come si è indicato, 13 in senso contrario, e 11 rimasero diritte. L’ autrice attribuisce, fon- dandosi su risultati da lei ottenuti, le curve positive del Molisch a idro- tropismo; però questo dice positivamente che nelle precise condizioni in cui sperimentò non avvengono se il cilindro contiene solo aria umida: Le. pi 120) Il Sammet, già citato, sì occupò anche dell’azione di gas e in gene- rale di sostanze volatili sopra le radici (/. e., p. 624), ripetendo le espe- rienze del Molisch, e servendosi anche di altri metodi. Il dispositivo del Molisch veniva modificato, inquantochè l’ estremo del cilindro di fronte a cui stanno le radici, chiuso da un disco di sughero, vien provvisto di finestrina abbastanza grande su cui è tesa della seta, attraverso la quale si diffonde il gas o il vapore; e affinchè non si accumuli sotto la campana, questa non poggia direttamente sul fondo di larga bacinella con acqua, ma con l’ intermedio di una eroce di legno, e lo spazio fra l'orlo della campana e il livello del liquido è chiuso da carta da filtro bagnata, che riveste pure la superficie interna della detta campana (nelle esperienze con ossigeno e anidride carbonica sotto questa v'è un vaso che contiene rispettivamente soluzione alcalina di acido pirogallico e soluzione di potassa caustica per assorbirli). Il riempimento del cilindro si ripeteva ogni 5-6 ore a mezzo di tubo che traversa il sughero di chiu- sura di cui sopra; se la sostanza volatile è solubile vi si introduceu na certa quantità della soluzione. Il Sammet faceva anche agire diretta- mente sulle radici una debole corrente di gas o di vapore, per esempio servendosi di piccola cassetta rettangolare di zinco divisa trasversalmente da tessuto di seta in due scomparti, nell’ uno dei quali arriva il gas me- rn ]99 — diante un tubo; attraversando il sepimento passa nell’ altra concamera- zione e da questa sfugge mediante numerosissimi forellini praticati nella parete opposta di mica; di fronte all'infuori stanno le radichette. L’au- tore mostrò che in queste ultime ricerche non è in giuoco una sensibilità reotropica alla lieve corrente di gas, giacchè facendo passare aria umida non si ha alcun risultato. Sperimentò principalmente con ossigeno, ani- dride carbonica (per diffusione e a corrente), vapori di alcool etilico, metilico, etere, ammoniaca, acido acetico, ecc. (per diflusione), in special modo sul Lupinus albus, ma anche su Pisum sativum, Zea Mays stu- diati da Molisch, ecc. (con CO,). Servendosi di ossigeno ebbe curve po- sitive; coll’ anidride carbonica per le radici più vicine alla membrana in prima una debole inflessione positiva, la quale trapassa indi in una negativa come nelle ricerche del Molisch, e può anche aver luogo sen- z'altro quest'ultima. Le radici più lontane non offrono che movimenti positivi. Con le altre sostanze enumerate gli risultarono solo curve po- sitive. Data la quantità dei detti composti che vengono ad agire sulle radici, si presenterebbe I’ obbiezione che queste inflessioni positive non costituiscano tropismi, come si ebbe occasione di accennare per altre espe- rienze, e sì noti che in un certo numero di casì è indicato uno stato malaticcio delle radici e la morte successiva. Ecco il comportamento col- l'alcool etilico (Lupinus albus): Alcool etilico nel dopo 12 ore dopo 24 ore dopo 48 ore cilindro al 95 °/o | perirono dopo 5-6 — —_ ore al 50 °/ | buone curve po- | buone curve po- | malaticcie (perirono | sitive sitive dopo 72 ore) al 25 °/o | curvepositivepiù | buone curve po- | accentuatissime cur- deboli sitive ve positive Però altre ricerche eseguite dal medesimo autore in terra e segatura di legno umida (servendosi degli stessi apparecchi), nelle quali ottenne curve come sopra, ed ancora con altre sostanze oltre 1’ anidride carbo- sii OD nica (alcool, etere) inflessioni negative quando le radici stanno molto vicine ai punti dai quali si diffondono i vapori, non sarebbero favo- revoli a questa interpretazione. Ad ogni modo non è assolutamente esclusa la possibilità che in certi casì, per date concentrazioni della sostanza attiva, possa manifestarsi l’a- zione assimetrica ritardatrice sulla crescenza, mentre a concentrazioni ancora più elevate (dopo una più lunga induzione) predomini l’effetto tropistico negativo. Il Sammet, avendo anche sperimentato in organi epigei (4. c., p. 642), ebbe solo rispondenza, e negativa, con vapori di alcool e di etere (ap- parecchio di Molisch), in piantine di Brassica Napus, Avena, Triticum, specialmente pronunciate per la prima specie, mentre non gli riuscì con ossigeno, anidride carbonica, idrogeno. Invece recentissimamente W. Po- lowzow (ZArperimentelle Untersuchungen iiber die Reizerscheinungen der Pfhanzen mit besonderer Berichsichtigung der Eimvirkung von Gasen [ Vorl. Mitteil.) - Ber. d. deutsch. bot. Gesellsch., 1908, XXX Vla, p. 50) constatò reazione (con dispositivo differente) in numerose specie (escluse le Graminacee) di fronte ad ossigeno e anidride carbonica (non con idro- geno e azoto). Estese le ricerche specialmente sugli ipocotili di Helian- thus annuus, e l'autrice indica per deboli quantità di anidride carbonica in prima una curva positiva a cui segue la negativa, per dosi maggiori solo la negativa. Occupiamoci ora del chimotropismo nel micelio di funghi. Fra i primi dati ricorderò solo che Reinhardt (1892), aggiungendo lateralmente culture in gelatina di Peziza altra gelatina con una quantità alquanto maggiore di sostanze nutritive (anche solamente dello zucchero), osservò deviazione assai accentuata delle ife verso quest’ ultima. Ricerche det- tagliate e su vasta scala vennero istituite da Miyoshi (Ueder Chemo- tropismus der Pilze - Bot. Ztg., 1894, p. 1; a p. 8 è tolta l'indicazione del Reinhardt), il quale descrisse chimotropismo nelle specie studiate (principalmente Mucor Mucedo, M. stolonifer, Phycomyces nitens, Pe- nicillium glaucum, Aspergillus niger, Saprolegnia ferax). Le spore venivano seminate sulla pagina inferiore di foglie di Tradescantia (per lo più T. discolor), iniettate con la soluzione da provare, le quali, la- n 13l —n vate rapidamente con acqua e asciugate con carta bibula, si mantenevano in uno spazio saturo di vapore; il composto si diffonde dagli stomi. O meglio ancora la semina era fatta per esempio su lamelle sottilissime di mica finamente traforate, applicate dall’ altra parte ad uno strato di gelatina contenente la detta sostanza, o sovrapposte alla sua soluzione acquosa. Se il composto è chimotropicamente efficace, le ife che trovansi in vicinanza degli stomi, dei forellini, dovrebbero deviare verso questi e penetrarvi. Gli risultarono attive in senso positivo fra le sostanze mi- nerali, fosfati, sali ammoniacali, e fra le organiche saccarosio, glucosio, destrina, estratto di carne, peptone; meno bene agisce l’asparagina. Sa- rebbero all’incirca le stesse che richiamo i bacteri, e il tropismo avrebbe lo scopo di condurre il micelio in un appropriato substrato nutritivo. Certi composti mescolati a chimotropici impediscono l’ attrazione, essi spiegano azione ripulsiva; ciò avviene per gli acidi, alcali, alcool e pa- recchi sali, come nitrato di potassio, cloruro di potassio, di sodio (in questi ultimi casi potrebbe trattarsi di osmotropismo, cioè essere in giuoco sottrazione d’ acqua da parte delle soluzioni). L'esistenza di un chimotropismo in ife fungine viene anche confer- mato da ricerche di Massee (Oz the origin of parasitism in fungi - Phil. Transact. of the Roy. Soc. of London, ser. B, 1904, CXCVII, p. 9) con iniezioni di saccarosio e glucosio in foglie, su cui venivano seminate nu- merose specie, la gran maggioranza delle quali sì dimostrarono chimotro- piche positive (Botrytis cinerea, Penicillium glaucum, Mucor racemosus, Torula herbarum, ecc.). L'acido malico mescolato a zucchero attrarrebbe la Selerotinia fructigena, che, come è noto, è parassita delle mele, pere, ecc.; le decozioni di foglie di pomodoro e di cetriolo rispettivamente il Ma- erosporium tomato e la Cercospora melonis, parassite, delle dette specie; ecc. La penetrazione di parassiti nelle piante ospiti sarebbe dovuta a chimotropismo. E sia qui ricordato che Miyoshi (Die Durchbohrung von Membranen durch Pilzfiden-Jahrb f. wiss. Bot., 1895, XXVIII, p. 269), seminando delle spore (di Botrytis cinerea e Penicillium glaucum) su varie pel- licole, di cellulosa, collodio, sughero, ece., impervie, applicate sopra sub- strati nutritivi, osservò che venivano perforate dalle ife, il che non a- = 892 = vrebbe luogo se dall'altra parte manca una sostanza chimotropica. An- che queste esperienze concorrerebbero a spiegare 1’ entrata di parassiti nella pianta ospite. (In quanto ai mezzi coi quali la perforazione si com- pie, senza dubbio le ife secernono enzimi che sciolgono localmente la membrana, e bisogna tener conto anche dell’ azione meccanica degli apici, capaci di attraversare sottilissime foglie d’oro: 7. c., p. 282). Le ricerche di Fulton (Chkemotropism of fungi - Bot. Gazette, 1906, XLI, p. 81) tenderebbero a ridurre l'entità del chimotropismo nei funghi. L'au- tore, seguì il metodo di Miyoshi, facendo però la semina delle spore, anzichè direttamente sulla lamella perforata (in moltissimi casi di mica), pure sopra uno strato di gelatina (questo avveniva solo in alcune delle esperienze del Mivoshi, con lo stesso risultato che nelle altre), così che la lamina separa i due strati di gelatina (o di agar), l'uno con acqua distillata, l’altro contenente inoltre la sostanza da provare a varie con- centrazioni ; il tutto mantenuto bene all’umido. Ma osservò che se anche lo strato sporifero non tiene che acqua distillata, i fili micelici in disereta quantità penetrano nelle aperture, e la differenza fra il numero delle ife ad esse dirigeentisi e volte in senso contrario è in media 25 °/ del numero complessivo delle ife intorno al singoli forellini (entro 1° area anulare di raggio pari al diametro delle aperture stesse). E non molto dissimili riescono le proporzioni se la detta gelatina contiene svariate sostanze, come sarebbero i chimotropici del Miyoshi; però in taluni fra i numerosissimi casì sperimentati ebbe delle percentuali notevolmente più elevate, che salgono al 40 e talvolta anche più °/,, accennanti a una rea- zione chimotropica verso fosfati (di calcio o acido fosforico) in Monilia fruetigena, M. sitophila, Botrytis vulgaris; verso glucosio nelle stesse specie; verso saccarosio da parte delle Monilie e specialmente della Sphaeropsis malorum ; verso acido tartarico in Sterigmatocystis nigra; ece. Le specie su cui operò sono per la maggior parte differenti da quelle del Miyoshi e del Massee. Si trova indicato qualche risultato discreto nelle ricerche che il Fulton compì altresì col metodo dei capillari, molto usato nelle chimotassie dei microorganismi: in certi casi il Mucor Mucedo mostra reazione positiva, verso fosfati, estratto di carne, acido malico, ecc. (non saccarosio, nè de- — 133 — strosio), e anche la Botrytis vulgaris si offre chimotropica; inoltre la prima specie e la Sterigmatocystis nigra rispondono in senso negativo ad alcune sostanze, il Mucor ad acido acetico e nitrato di sodio. Possiamo domandarei da che cosa dipende che buon numero di ife de- viano verso i forellini anche quando la gelatina dall’ altra parte non contiene che acqua distillata, e si noti che (contrariamente ai risultati di Miyoshi) gli riuscì lo stesso effetto anche quando la gelatina dove è fatta la semina offre essa le sostanze nutritive e l’altra soltanto ac- qua. E sia pur ricordato che J. F. Clark (On the torie properties of some copper compounds with special reference to Bordeaux miature - Bot. Gazette, 1902, XXXII1, p. 45) osservò notevole penetrazione entro forellini da parte delle ife di Rhizopus nigricans nelle stesse circostanze e anche quando la gelatina dall’altra banda del tramezzo è imbevuta di sali di rame. Il Fulton rileva che la proporzione delle ife penetrate riesce alquanto maggiore se i fili micelici sono più numerosi e dimi- nuisce alquanto se nell’altra gelatina furono pure seminate le spore. Una qualche minor deviazione riconobbe ancora se la gelatina dall’ opposta parte contiene decozione nutritiva filtrata, in cui già si sono sviluppati i funghi, rispetto a decozione fresca. E il Fulton, come il Clark, pensa sia in giuoco una sostanza secreta dalle ife, la quale eserciterebbe una azione ripulsiva. Sarebbe escluso vi cooperi, almeno in misura predo- minante, aerotropismo (negativo verso anidride carbonica, positivo verso ossigeno), che le ife non offrirebbero o assai debole. Quantunque in cul ture con medio incluso fra lamelle non perforate si noti una decisa tendenza delle ife a volgersi verso i margini, in ricerche nelle quali le spore venivano seminate nella gelatina fra due altri strati del detto medio, l’uno con anidride carbonica e in contatto con ambiente di questo gas e l’altro senza e in contatto con aria, i fili micelici nella maggior parte dei casi non si dirigono (attraverso i forellini delle due lamelle interposte) piuttosto in un senso che nell’ altro E stato indicato aero- tropismo positivo verso ossigeno nel Dictyuchus monosporus da Cela- kovsky: Prerrer - Plancenphysiol. II, p. 585). Nelle preparazioni ove si dà minor percentuale di deviazioni verso la gelatina con CO,, que st’ ultima appariva meno umida (FuLtoN - /. c., p. /04); le ife sono — 134 — dotate in generale di idrotropismo positivo (7. e., p. 107), il quale po- trebbe aver parte in natura alla penetrazione dei tubi di germinazione di parassiti negli stomi. Secondo W. Polowzow (l €., p. 55) i peduncoli sporangiferi di Phy- comyces sono sensibili chimotropicamente verso anidride carbonica. E veniamo al chimotropismo dei budelli pollinici, che fu accertato da Molisch (si veda Zur Physiolagie des Pollens mit besonderer Riicksicht auf die chemotropischen Bemwegungen der Pollensehliuche - Site. d. Akad. d. Wissensch. in Wien, 1898, CI, Abt. I, p. 423). Se poniamo sopra un portaoggetti una grossa goccia di gelatina con zucchero (zucchero 7%, gelatina 1,5-2 °/,), € vi sì sparge alquanto polline di Narcissus Tazetta, nella quale germoglia assai bene, deponendovi nel mezzo lo stimma tagliato di fresco da un fiore, i budelli che si sviluppano in prossimità si dirigono quasi senza eccezione sullo stigma (lo stimolo si fa sentire fino a 1-1,5 mm. di distanza). Anche parti dello stilo attrag- gono e persino pezzettini dei peduncoli fiorali e del gambo dell’ infio- rescenza; gli ovuli pure senza dubbio, come ebbe occasione di speri- mentare nel Narcissus poéticus. E l’autore riconobbe ancora chimotro- pismo positivo verso gli stimmi in parecchie altre specie, come Amaryllis, Azalea indica, Rhododendron arboreum, Vincetoxicum officinale, ecc., mentre i tubi pollinici di Viola odorata, V. hirta, Orobus vernus, ecc. si mostrano indifferenti verso questi organi. Molisch non ricercò quali erano le sostanze attive, e del problema si occuparono Miyoshi e Lidforss. Secondo Miyoshi (4. e. în Bot. Ztg., p. 24 e Veber Reicbewegungen der Pollensechliuche - Flora, 1894, LXX VIII, p. 76), nelle specie su cui si sperimentò, come Digitalis purpurea, Mi- mulus moschatus, Torenia asiatica, Epilobium angustifolium, Primula sinensis, ecc., i budelli sono adescati da zucchero di canna, destrosio e destrina e in grado molto minore da lattosio e levulosio. Il fenomeno veniva messo in evidenza cogli stessi metodi usati pei miceli, seminando invece delle spore i granelli di polline; se si osservano per esempio le foglie di Tradescantia iniettate, dopo 12-20 ore, i tubi pollinici germo- gliati nelle vicinanze delle aperture stomatiche da cui si diffonde la soluzione, appaiono diretti verso queste o già ivi penetrati. Detti idrati — 135 — di carbonio costituirebbero secondo l’autore i chimotropici che guidano il budello verso gli ovuli. Ed egli constatò (il fatto era stato ricono- sciuto anche prima) la presenza di un glucosio nello stimma e stilo di parecchie specie; nell’ovario (parete, placente, ovuli) invece non avviene la riduzione del liquido di Fehling se non dopo che l’ organo è stato bollito con un po’ di acido cloridrico (forse v' ha saccarosio). Però è auche dato di riscontrare glucosio nell’ ovario, nell’ ovulo specialmente in vicinanza del micropilo (ulivo: P. ALQquati - Studi anatomici e imor- Sologici sull’ ulivo - Atti d. Soc. Ligust. d. Sc. Nat. e Geogr., 1906, p. 215; nello stimma non ne esiste). Come per le ife fungine, sono indi- cati nei tubi pollinici anche rispondenze in senso negativo. Ma idrati di carbonio non costituiscono, almeno esclusivamente, i chi- motropici per altre specie. Il Lidforss (eder den Chemotropismus der Pollensehliuche - Ber. d. deutsch. bot. Gesellsch., 1899, p. 258), speri mentando sui budelli pollinici di Narcissus Tazetta, riconobbe che spie- gano su di essi un’ energica attrazione diastasi (la parte veramente al- buminoide) ed altri composti proteici, mentre non sono attivi i prodotti di decomposizione di queste sostanze. Se in una coltura di polline po- niamo alcuni granelli di diastasi, già dopo mezz’ ora si vedono tutti i tubi vicini deviati verso questi. Si noti che la diastasi conserva l’azione chimotropica bollita in soluzione acquosa, mentre, come è noto, perde la sua capacità di fermento già scaldata a 80°. Essenzialmente come il Narcissus Tazetta si comportano anche le altre Amaryllidacee stu- diate (Narcissus Pseudo-Narcissus, N. poéticus, Haemanthus globosus, Imantophyllum miniatum). Nell’ estendere le ricerche il Lidforss ebbe cura che le dette sostanze sieno bene spoglie di composti minerali, i quali possono esercitare sui budelli un’azione dannosa assai più spic- cata che non nel caso dei Narcissus. Ottenne ancora a mezzo di sostanze proteiche buoni risultati con Fritillaria, Allium ursinum, ece.; fra le Dicotiledoni non gli riuscì con alcuna Dialipetala, mentre ebbe chimo- tropismo con parecchie Gamopetale, per esempio Viburnum nitidum, V. Lantana. Nelle specie indicate sarebbe affidato ai composti proteici l'ufficio di guidare i budelli entro il pistillo, e l’autore riconobbe effet- tivamente la presenza della diastasi nello stilo e stimma del Narcissus — 136 — Tazetta e di altre Monocotiledoni (si spiega l’ aver veduto poc’ anzi che i tubi pollinici di Narcissus Tazetta, pur germogliati in una gela- tina con zucchero, vengono attratti dallo stimma). All’ affondarsi in natura del tubo pollinico germogliato sullo stimma, entro quest’organo, potrebbe concorrere oltre il chimotropico anche idro- tropismo positivo (MivosHnI - /. e. 12 Flora, p. S4) e aerotropismo ne- gativo verso l'ossigeno atmosferico (che però non esiste in tutte le specie; si mette in evidenza coprendo con vetrino una goccia di gelatina con zucchero, nella quale è stato disseminato del polline, per esempio di Narcissus Tazetta; germogliano solo i grani situati a non più di 2-4 mm. dal margine e i tubi si dirigono quasi tutti verso l’ interno, il che, se il piccolo spazio chiuso nel quale trovasi il preparato è ben saturo di umidità, deve attribuirsi ad aerotropismo negativo: MoLIScH - Z c., p. 482). In seguito il budello, proseguendo nel suo cammino, cre- scerebbe verso punti di minor resistenza, nel così detto tessuto conduttore lasso o lungo le pareti del canale stilare (non pare, alineno nella Scilla patula, che lo stimolo chimico possa essere molto attivo nello stilo, giacchè il Miyoshi, sperimentando l’ azione attrattiva di sezioni trasversali del. l’organo, rilevò che diminuisce con allontanarsi dallo stimma, per aumentar di nuovo in prossimità dell’ovario: 2. c., p. 77). Entro l’ 0- vario, a richiamar il tubo all’ovulo, potrebbe tornar ad agire energi- camente lo stimolo chimico. Ulteriori studi preciseranno meglio le nostre conoscenze e contribuiranno anche a spiegare come in natura i budelli pollinici possano trovare con difficoltà accesso agli ovuli di specie dif- ferenti (si noti però che il fatto di giungere al micropilo o in generale in prossimità del sacco embrionale, non implica debba avvenire la fecon- dazione). Prima di terminare accennerò che secondo ogni verosimiglianza è in giuoco un chimotropismo anche in fenomeni sessuali di organismi infe- riori (Saprolegnia, Coniugate pei tubi di copulazione, ece.: PFEFFER - Pfanzenphysiol., II, p. 583). 4!) Possono provocar, come è noto, traumotropismo, ferite, azione di caustici, tocco coll’estremità‘arroventata di sottilissima bacchetta di ve- — 137 — tro, ecc. Devesi notare che, almeno in certi casi, il trauma sarebbe anche in grado di riuscire più o meno attivo al principio della zona di elongazione, per esempio nella radichetta di Vicia sativa a 23 mm. dall’ apice (nota °). 42) Senza dubbio le inflessioni delle radici dirette nel senso della cor- rente, per una maggior forza di questa, sì devono considerare, non come reotropiche, ma dovute all’azione meccanica della corrente. Come è noto, non sono dotate di retropismo tutte le radici; manca in buon nu- mero di specie, e ricordo che fra le acquatiche studiate nessuna si ap- palesò reotropica (F. NEwcoMBE - Z%e rheotropism of roots - Bot. (razette, 1902, XXXIII, p. 362). Riguardo al modo con cui la corrente agisce come stimolo, verosimilmente è in giuoco solo il fenomeno della pres- sione. Newcombe (7%kiygmotropism of terrestrial roots.- Beih. e. bot. Cen- tralbl., 1904, XVII, p. $8) ottenne in specie reotropiche (Zea Mays, Raphanus sativus, Lupinus albus) delle curve dirette come le reotro- piche, facendo agire la debole corrente d’acqua su radichette involte in tubetti di collodio, attraverso i quali si poteva escludere quasi intiera- mente una filtrazione di liquido. 4) Per il galvanotropismo si veda W. RorHERT - Die neuen Unter- suchungen iiber den Galvanotropismus der Pfancenwurzela - Ztschr. f. allgim. Physiol., 1907, VII p. 142 (Nello stesso anno fu pubblicato il lavoro di J. S. Bayliss On the Galvanotropismus of Roots - Annals of Botany, XXI, p. 587). 4) Si è già accennato che nodi di Graminacce e di alcune specie di Tadescantia possono curvarsi geotropicamente, compiuta la propria cre- scenza; questa si ridesta collo stimolo (p. 75). Qui ricorderò i casi che trovo indicati di inflessioni geotropiche in organi adulti legnosi. In Tilia la porzione terminale di assi molto eretti, d’ordinario ancora curvata, si solleva in natura ritendendosi, nel corso dell’ estate quando l’organo ha compiuto la propria elongazione e talvolta anche più tardi, nel successivo periodo vegetativo (J. BaranETZKY - Veder die Ursachen — 138 — relche die Richtung der Aeste der Baum- und Straucharten bedingen - Flora, 1901, LXXXIX, p. 191; si veda pure per questa specie a p. 198). Ritensione dell’estremo dell’asse primario inclinato, in regione di 1 o 2 anni, avrebbe laogo normalmente in Fagus sylvatica, Cupressus, Juni- perus, Thuja, secondo Hofmeister (Allgemeine Morphologie der Gewichse, 1868, p. 624). Il geotropismo si manifesterebbe in natura nei getti di un anno di Betula (BaranetzKY - /. c., p. 202). Nella varietà piangente del Fagus le parti dei rami pendenti di 3-4 anni sì vanno sollevando lentamente, e così l’ albero può crescere in altezza (H. VòcHtING - Veber Organbildung im Pfanzenveich, Bonn, II, 1884, p. 85), il che avviene altresì nel Salix babylonica (4 e., p. 86; in questa specie però all’ ele- varsi della pianta contribuiscono pure certi rami eretti sin dall’ inizio; in altre forme piangenti come nel Fraxinus excelsior var. pendula l' e- levazione dell’albero è da ascriversi esclusivamente a quest’ultimo mezzo). Furono ottenute nelle condizioni delle esperienze curve gectropiche in porzioni di 1 anno di Acer (L. Jost - Veder cinige Bigenthbimlichkeiten des Cambiums der Biume - Bot. Ztg., 1901, p. 21), di 1-2 anni in Aesculus e Abies excelsa da Frank (Zekrduch der Botanik, I, 1892, p. 470), in Quercus di 4 anni (P. MriscHke - Veber die Arbeitsleistung der Pfanzen bei der geotropischen Krimmung - Jahrb. f. wviss. Bot., 1899, XXXIII, p. 863). Sull’ Abies excelsa sperimentarono ancora inflessioni geotropiche, Baranetzky in parti di 2-3 anni (Z. c. p. 218), Jost persino di 7 anni in rami i quali sì sollevano in seguito a decapitazione della pianta (2. c., p. 22), e Hartig indica che quest'ultimo fenomeno può av- venire in certi casi anche nei rami di 12 e più anni (Zol2untersucher, Berlin, 1901, p. SS). Jost (2. e.) riferisce che, decapitato un Fagus, si rialzò il ramo più alto residuo, del diametro di 4,5 em., ed Errera (Conflits de prescance et eritations inhibitoires chez les vegetana - Bull. d. l. Soc. Bot. de Belgique, 1904, XLII, p. 84) fa menzione di un Fagus della foresta di Soignes presso Bruxelles, il cui grosso tronco gradual- mente scalzato alla base per effetto di una vicina sorgente, si incurvò per conservare all’ineirca la direzione verticale. È abbastanza comune il fatto di Palme (Phoenix dactylifera) i cui stipiti si offrono curvati, dirigendosi verticalmente verso l'alto, e lo stesso in maniera meno ae- centuata ho riscontrato anche in Cycadee (Cyceas revoluta). — 139 — Come si vede, la capacità a curve geotropiche in organi legnosi adulti deve essere diffusissima. In quanto ai mezzi d’acerescimento con cui si compiono nulla sappiamo di positivo; si può pensare che nelle specie provviste di cambio, i nuovi tessuti verso il lato inferiore dovuti all'attività di questo, vi abbiano una larga parte, ed è verosimile anche una certa ripresa dell’ accrescimento longitudinale in elementi vivi già esistenti (Baranetzky con misurazioni mierometriche rilevò in casi di cui sopra maggior lunghezza delle cellule esterne della corteccia infe- riormente: Z e, p. 198, 214). 4°) A. P. De CanpoLLe - Physiologie vegetale, III, 1832, p. 1082. ‘°) Si veda Pu. Van TieGHem - Zruite de Botanique, 1884, p. es. @ p. 245. 4) T. A. KniGHT- On the Direction of the Radicle and Germen du- ring the Vegetation of Seeds - Philosoph. Transact. of the Roy. Soc. of London, 1806, I, p. 108. Il Knight riteneva che, a differenza del caule, la radice si allunghi, non per estensione di parti già formate, ma solo per aggiunta di nuova sostanza all'apice. 5) Per la storia del geotropismo si consulti A. ScHoser - Die Ax schaungen iiber den Geotropismus der Planzen seit Knight, Hamburg, 1899. L'esperienza di equilibrare il peso della radice, realmente era stata già eseguita nel 1828 da Johnson e quella della penetrazione nel mercurio da Pinot nel 1829, ma furono dimenticate o interpretate erroneamente per lungo tempo. ‘*) A proposito di radici negativamente eliotropiche nelle quali la luce rallenta la crescenza: F. Darwin - UVeder das Wachsthum negativ heliotropischer Wurzeln im Licht und im Pinstern - Arb. d. Bot. Inst. in Wiireburg, II, 1880, p. 521. °°) Sulla diversa rispondenza eliotropica di organi, positiva o negativa — 140 — a seconda l’ intensità della luce, si veda F. OLtMmANNs - Vede» positiven und negativen Heliotropismus - Flora 1897, LXXXIII, p. 1, ove sono anche indicati lavori anteriori; inoltre W. Fipor - Lzperimentelle Stu- dien iiber die heliotropische Empfindlichheit der Pfanzen - Wiesner- Festschrift, Wien, 1908 p. 287. ?!) Per l’azione deprimente della luce sull’ intensità della crescenza longitudinale, manifestantesi anche in parte tenuta allo scuro: H. FirtINnG - Lichlperception und phototropische Empfindlichheit, cugleich ein Bei- trag MM 1: Cause determinanti l’ orientamento negli organi plagiogeo- ipopiel . : : 7 : . . 7 : î 3 » 143 Comportamento di organi veramente clinotropi al clinostato DB AO Le nostre conoscenze sul chimotropismo . ; 7 , » 424 d) ai processi motori (delle piante superiori). Come si modifica la erescenza nelle curvature d’ accresci- mento; tempo di reazione; inizio della reazione con au- mento di turgore nei vitiechi . î ; : : Lpagi 4 Sui fenomeni motori nei viticchi delle Sapindacee . . » 92 Curvature geotropiche in organi già adulti . s : ° » 51397 Processi motori nelle sismonastie . A 4 : ; 7 » 80 Processi motori nelle nietinastie non d’ accrescimento « » 86 e) alle tassie. Critica del Chmielevsky a fototassie negative . 5 pags 198 I vari casi di chimotassie topiche . : . ° ; ; PR TCS I vari casi di chimotassie fobiche positive . > 1 a 2 LI Le chimotassie negative . ‘ E A ; A : è >» 181 Natura relativa di sensibilità principalmente chimotattiche » 94 u n Lita no A VIRRLIS (LI to, fiat n ; RA Î Di P ì "ti ù;: I rat ta e ET] 1 rali "| ' 00 SIAM Si 4) . 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